Editoriali Avvenire

Economia Civile

stdClass Object
(
    [id] => 7698
    [title] => Non per dieta. Per umanità
    [alias] => non-per-dieta-per-umanita
    [introtext] => 

Commenti - La vecchia idea del benessere, la nuova realtà

di Luigino Bruni 

pubblicato su Avvenire il 28/07/2013 

logo_avvenirePerché sempre più gente corre nei parchi, pedala lungo le strade, fa ginnastica ballando gioiosamente in gruppo sulle spiagge? Per diverse buone ragioni, ma è certo che il nostro corpo non ha ancora capito che il mondo è cambiato – almeno in molte parti del pianeta –, e continua a renderci piacevoli cibi grassi e calorici, e meno attraenti verdure e cibi magri. E si capisce bene, se pensiamo che per un centinaio di migliaia di anni (se vogliamo limitarci al giovane homo sapiens) abbiamo vissuto in un ambiente povero di calorie essenziali per cacciare, riscaldarsi, fuggire dai predatori, sopravvivere.

[fulltext] =>

I tempi di cambiamento dell’organismo umano sono molto più lunghi dei mutamenti sociali e culturali. E così, se oggi vogliamo vivere bene dobbiamo correggere i segnali naturali del corpo con attività che consumano quelle calorie che assumiamo in eccesso, cambiando artificialmente stili alimentari, sottoponendoci a diete decennali che ormai assorbono molte risorse individuali e sociali.

Anche il nostro corpo economico-sociale mangia e beve troppe cose che gli fanno male, troppi grassi e zuccheri e pochissime verdure, ma non ha iniziato a correre né a fare diete. I nostri genitori e nonni sono stati gli ultimi eredi di un mondo caratterizzato dalla scarsità assoluta, in cui costante era la minaccia delle carestie e della fame. Così quando in quella cultura si rappresentava il benessere, i suoi simboli erano l’abbondanza, il grasso e soprattutto l’aumento delle cose, in numero e dimensioni, per i singoli (casa, auto...) e per le comunità (dai campanili ai grattacieli).

L’arte, anche quella sacra, rappresentava le persone ricche o sante in sovrappeso. Le canzoni, la religione, il lavoro, i miti erano espressione di un "già" di scarsità e di un "non ancora" di abbondanza, e l’etica era necessariamente tutta costruita sull’accontentarsi e apprezzare il poco. In quella cultura non c’era festa senza eccesso di cibo, di vestiti e di spreco vistoso. Si celebrava così il dove si voleva andare, si alimentavano i sogni di benessere dei poveri, che si sentivano almeno in quei giorno (quasi) come i ricchi. E quei sogni hanno spinto avanti il mondo, perché erano sogni veri e potenti. Se non sappiamo ascoltare l’eco di questa cultura, non capiamo, ad esempio, le nostre nevrosi nei confronti del cibo, o perché continuiamo ad accumulare cose e vestiti negli armadi (qualcuno ha stimato che in un’abitazione media si possono superare i 30.000 oggetti). Questa cultura, però, non associava soltanto il benessere all’abbondanza; lo legava anche alla diminuzione delle relazioni sociali, perché troppo intrecciate con rapporti ineguali e gerarchici, soprattutto per i poveri e per le donne.

Da qui nasce anche la cultura dell’appartamento, che divenne il sogno della giovane coppia che finalmente si emancipava da famiglie patriarcali popolate da troppi padroni, e si costruiva il proprio nido, appartato, nell’intimità dell’agognata libertà da quelle relazioni. Lo sviluppo dei mercati è stato anche visto – e non a torto – come una liberazione da relazioni comunitarie stringenti, da legami che a volte venivano percepiti come lacci. «Che torto ti ho fatto perché tu mi abbia abbandonato? Forse che quell’altro lavora meglio di me», scriveva Luigi Einaudi descrivendo il dialogo tra un ciabattino e un suo compaesano che aveva cambiato negozio (Lezioni di politica sociale, 1949). Siamo stati educati nel paradigma del "buono" associato al "grasso", del benessere legato al molto, del meglio sinonimo del "di più", della crescita misurata con l’aumento delle cose possedute individualmente o come famiglia. Questo abbiamo augurato ai nostri figli. Oggi l’ambiente non sostiene più questo umanesimo della quantità, e, d’altro canto, quei beni relazionali che ieri erano abbondanti al punto da percepirli come dei mali – e a volte lo erano realmente – stanno diventando i beni più scarsi, ricercati, preziosi.

Tanti darebbero interi patrimoni per un incontro di vera gratuità, (e non di rado li dilapidiamo anche per la gratuità finta, tanto la bramiamo). Tuttavia, i codici simbolici e comunicativi della politica, dell’economia, dei media, della pubblicità (anche di quella rivolta ai bambini, tutta centrata sul cibo e sulle cose) sono ancora quelli del vecchio mondo, e ci spingono al consumo di "cose" e ad auto-produrre solitudine. E, come logica conseguenza di questo rapporto squilibrato, non facciamo abbastanza per lo scandalo epocale della troppa gente che ancora vive malissimo e muore di fame. Dovremmo aggiornare presto il nostro vocabolario della vita buona, a partire dalla scuola. Non dico di non studiare più Verga, Rabelais o Dickens, né abbandonare le fiabe classiche legate al mondo della mancanza di merci e di cibo. Dovremmo però affiancare altre immagini e simboli a questi grandi "luoghi" educativi, che associno in modo non banale e buonista il benessere alle relazioni, alla crescita in gratuità e in libertà. Li troveremmo anche nei classici, ma dobbiamo lavorare di più per inventarne di nuovi, e non vivere di rendita anche in campo educativo e culturale.

Qualcosa si vede già, ma non è sufficiente. Ci servono molte più storie sulla ricchezza delle relazioni, che abbiano la forza di quelle che nei tempi della scarsità e della fame ci facevano sentire i sapori delle salsicce e vedere il luccichio dei gioielli. Servono altri Paesi della cuccagna, ma capaci come quelli di farci sognare, desiderare. Il nostro tempo parla molto di relazioni, ma non abbiamo ancora scritto nuovi miti e grandi narrative capaci di commuovere i cuori e muovere i passi all’azione individuale e collettiva. Eppure è fin troppo evidente che l’Europa, soprattutto quella del Sud, ritroverà la sua via al ben-essere e al ben vivere, anche economico, se riscriveremo l’immaginario collettivo del benessere. E anche di quello del cibo, se è vero che niente come il mangiare dice la qualità delle relazioni in una famiglia e in una comunità – il primo segnale della povertà relazionale del nostro tempo è la cultura del panino solitario (vedremo se all’Expo2015 sapremo mettere la relazione al centro del "nutrire il pianeta").

L’Europa può farcela, perché ha una straordinaria storia di successi civili ed economici nati da comunità reali, da territori fertili, da gente che sapendosi incontrare nella diversità ha saputo inventare democrazia e mercati. E se vuole può reinventarli anche oggi. Il portafoglio più importante non è mai stato, né è, quello dei titoli, ma quello dei nostri rapporti, soprattutto durante le crisi. «Un artista non è mai povero», esclamava Babette al termine del suo meraviglioso pranzo. In realtà l’arte di Babette non era soltanto quella culinaria, era anche l’arte delle relazioni. I beni, anche quelli economici, sono importanti, ma diventano benessere solo nella convivialità, quando le merci sono veicolo di incontri, ponti e non muri. Parliamo allora meno dei beni che consumiamo e più di noi, alziamo gli occhi da vivande e oggetti e incrociamo quelli degli altri.

 Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-07-27 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-07-27 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4756 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7375 [ordering] => 377 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-07-27 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7698:non-per-dieta-per-umanita [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - La vecchia idea del benessere, la nuova realtà

di Luigino Bruni 

pubblicato su Avvenire il 28/07/2013 

logo_avvenirePerché sempre più gente corre nei parchi, pedala lungo le strade, fa ginnastica ballando gioiosamente in gruppo sulle spiagge? Per diverse buone ragioni, ma è certo che il nostro corpo non ha ancora capito che il mondo è cambiato – almeno in molte parti del pianeta –, e continua a renderci piacevoli cibi grassi e calorici, e meno attraenti verdure e cibi magri. E si capisce bene, se pensiamo che per un centinaio di migliaia di anni (se vogliamo limitarci al giovane homo sapiens) abbiamo vissuto in un ambiente povero di calorie essenziali per cacciare, riscaldarsi, fuggire dai predatori, sopravvivere.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
Non per dieta. Per umanità

Non per dieta. Per umanità

Commenti - La vecchia idea del benessere, la nuova realtà di Luigino Bruni  pubblicato su Avvenire il 28/07/2013  Perché sempre più gente corre nei parchi, pedala lungo le strade, fa ginnastica ballando gioiosamente in gruppo sulle spiagge? Per diverse buone ragioni, ma è certo che il n...
stdClass Object
(
    [id] => 7685
    [title] => Gli occhi giusti del lavoro
    [alias] => gli-occhi-giusti-del-lavoro
    [introtext] => 

Commenti - La regola aurea della «reciprocità»

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 21/07/2013 

logo_avvenireDovremmo approfittare di questo tempo duro per riflettere, più in profondità e più assieme, sulla natura di quell’attività umana fondativa e fondamentale che chiamiamo la­voro. A questo scopo, ipotizziamo, con un e­sperimento mentale, che una colonia di no­stri concittadini si trasferisca in un’isola de­serta per abitarla. Una volta approdati e siste­mati capirebbero presto che per far crescere e sviluppare le loro famiglie e il villaggio è opportuno passare da un’economia 'domesti­ca' di auto-produzione a una economia 'politica' di scambio, dove ognuno si adoperi af­finché ciò che sa fare sia utile agli altri, e o­rientare così a proprio vantaggio il lavoro de­gli altri abitanti.

[fulltext] =>

Se poi tra quegli abitanti ci fossero delle per­sone con abilità che non incontrano i bisogni degli altri, queste persone dovrebbero essere capaci di convincere qualcuno dell’utilità del­le cose che sanno fare. E se non ci riuscissero, dovrebbero presto imparare a fare altri me­stieri, per non finire tra i mendicanti e dipen­dere dalle elemosine - «Solo il mendicante – ci ricordava Adam Smithsceglie di dipendere principalmente dalla benevolenza dei suoi concittadini» (La ricchezza delle nazioni, 1776).

Questo semplice esperimento può, allora, ri­velarci tre verità a un tempo fondamentali e trascurate: che i beni diventano ricchezza e ben-essere grazie al nostro lavoro; che lavora­re, in una economia di mercato, è essenzial­mente una faccenda di reciprocità; che un si­stema economico si inceppa quando si inter­rompe questa catena di reciprocità lavorativa. Nel corso della storia ci sono statialtri sistemi per organizzare la vita in comune di piccole e grandi comunità. La più antica è la gerarchia sacrale, mentre le più rilevanti su larga scala sono state le varie forme di economia piani­ficata collettivista del Novecento. Tra le alter­native al mercato (che io chiamo civile) c’è an­che il recente capitalismo finanziario globale, che non si è fondato sulla reciprocità dei bi­sogni ma sull’avidità e sulle rendite (la rendi­ta è una deviazione dal principio del buon mercato, proprio perché nega la reciprocità dei bisogni).

C’è poi un’altra possibilità, di gran lunga più affascinante, che torna spesso in ambienti cul­turali critici della modernità e del mercato. Questa visione 'romantica' non accetta che siano il lavoro e i bisogni reciproci a orienta­re le attività da svolgere nell’'isola', perché – a dire di chi la coltiva – sarebbe più dignitoso ed etico che ciascuno svolgesse l’attività che ama senza dipendere dagli altri nel mercato, e che lo 'Stato' offrisse a tutti un giusto sala­rio (senza spiegare con quali redditi, e pro­dotti da chi).

Che cosa accadrebbe nell’'isola' se si affer­masse questa visione? Si creerebbe senz’altro un eccesso di attività in sé piacevoli perché arrecano una ricompensa intrinseca a chi le pratica per vocazione e passione. L’elenco di queste attività è semplice da fare: l’osserva­zione degli astri, la scrittura di gialli, la colle­zione di farfalle, studiare economia, ecc. Al tempo stesso, ci ritroveremmo in una comu­nità dove mancherebbero molti mestieri non particolarmente piacevoli, ma molto utili a tutti: spazzini, manutentori delle fogne, mi­natori, becchini, ecc. Una società dove le per­sone non si incontrerebbero tra di loro, per­ché troppo occupati a coltivare, narcisistica­mente, i propri interessi. I due elenchi si allungano di molto se, lascia­ta quella ipotetica isola, ci spostiamo nelle no­stre città complesse, dove tante persone svol­gono lavori che non trovano molto piacevoli (o non abbastanza per svolgerli otto ore al gior­no, per decenni), ma che sono utili agli altri, e spesso indispensabili al ben vivere della no­stra società. In questa lunga fase di crisi del lavoro, che du­rerà ancora molti anni, dobbiamo tener ben presente che la natura più vera del lavoro è la reciprocità, l’incontro di bisogni. Il lavoro ci le­ga gli uni agli altri, è il principale cemento del­la società, persino quando questa reciprocità convive con asimmetrie di potere, denaro, re­sponsabilità – anche se queste asimmetrie so­no sempre una minaccia alla durata e dignità di ogni reciprocità. Lavorare è un’ottima cura di ogni forma di narcisismo, perché ci spinge a metterci nei panni degli altri, e a chiederci: «Che cosa di ciò che so fare, o che potrei fare, interessa anche gli altri?».

Una virtù che aiuta a vivere bene in una economia di mercato è l’empatia, il saper anticipare e intuire i bisogni e i desideri degli altri, e cercare di soddisfarli. Il mercato civile è un meccanismo sociale attraverso il quale ci scambiamo beni e servizi che non verrebbero all’esistenza se ciascuno seguisse soltanto le proprie aspirazioni e vocazioni e il piacere individuale.

È anche da questa prospettiva che si può cogliere il significato più proprio della parola interesse. L’interesse è certamente ciò che mi interessa, ma è anche ciò che interessa agli altri, è la relazione che sta tra di noi (inter-esse) e che ci consente di incontrarci. Il secondo messaggio riguarda il rischio di non reciprocità lavorativa che s’insinua spesso nelle nostre imprese e organizzazioni. La vera reciprocità nella vita civile e nel lavoro non è semplice, richiede sempre creatività e impegno in tutte le parti coinvolte. Così accade che, per evitare questa fatica, si cerchino e imbocchino scorciatoie. Pensiamo, ad esempio, a quelle comunità pre­moderne dove le attività di cura erano assegnate alle donne che le dovevano svolgere per 'vocazione', una vocazione che consisteva nel servire tutta la vita altri (maschi soprattutto), i quali pensavano che i propri bisogni di cura e di accudimento fossero soddisfatti dalla vocazione di mogli, figlie, sorelle o suore. È un enorme miglioramento in umanità e dignità che molte di queste attività di cura passino oggi per il mercato (possibilmente civile e non capitalistico), un mercato che in questi casi può diventare un prezioso alleato della reciprocità – anche questo è sussidiarietà.

Non cercare e non arrivare alla reciprocità nel lavoro è sempre una scelta parziale e sbagliata. Un mio amico cooperatore sociale si recò un giorno nel carcere della sua città per iniziare lì un’esperienza lavorativa con dei giovani. «Trovai il lavoro delle barbies», mi disse. Quei ragazzi facevano lavori finti, perché svolgevano attività senza reciprocità, ideate allo scopo di tenerli occupati, e quindi dei non-lavori utili a nessuno, tantomeno a loro. «Non devo darmi pace finché questi giovani non si sentiranno utili alla nostra città», continuò. E così mise tutta la sua passione e il suo ingegno per trovare un lavoro vero per quei ragazzi, attività che fossero un’autentica esperienza di reciprocità.

E ci riuscì, come ci riescono tanti imprenditori sociali e civili, anche in questa età di crisi, che innovano veramente perché e quando non si accontentano dell’inclusione produttiva ma vogliano e cercano la reciprocità, dove tutti danno e tutti ricevono. Sono convinto che la nostra crisi dipenda anche dall’aver creato nei decenni passati troppi 'lavori' – e non solo nel settore pubblico – che si sono arrestati prima della reciprocità, per insufficiente creatività e impegno da parte di imprenditori, lavoratori, e istituzioni. Eppure, ci sono poche esperienze umane più dolorose di quella di sentirsi fuori dall’intreccio di reciprocità di cui è intessuta la vita in comune. La pensione è spesso una esperienza molto dolorosa se chi lascia il lavoro non continua a sentirsi, in altri modi, utile ai propri concittadini. Ritrovarsi disoccupato è tragico non solo perché si perde lo stipendio, ma perché si esce da questa rete di reciprocità, «la legge del Moderatore del mondo, che ci comanda di ingegnarci di essere gli uni utili agli altri» (Antonio Genovesi, 1767). Dalle crisi economiche e sociali si esce riattivando la reciprocità lavorativa. E per farlo occorre saper guardare il mondo che ci circonda anche con gli occhi degli altri.

 Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-07-20 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-07-20 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4623 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 8256 [ordering] => 379 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-07-20 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7685:gli-occhi-giusti-del-lavoro [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - La regola aurea della «reciprocità»

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 21/07/2013 

logo_avvenireDovremmo approfittare di questo tempo duro per riflettere, più in profondità e più assieme, sulla natura di quell’attività umana fondativa e fondamentale che chiamiamo la­voro. A questo scopo, ipotizziamo, con un e­sperimento mentale, che una colonia di no­stri concittadini si trasferisca in un’isola de­serta per abitarla. Una volta approdati e siste­mati capirebbero presto che per far crescere e sviluppare le loro famiglie e il villaggio è opportuno passare da un’economia 'domesti­ca' di auto-produzione a una economia 'politica' di scambio, dove ognuno si adoperi af­finché ciò che sa fare sia utile agli altri, e o­rientare così a proprio vantaggio il lavoro de­gli altri abitanti.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
Gli occhi giusti del lavoro

Gli occhi giusti del lavoro

Commenti - La regola aurea della «reciprocità» di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 21/07/2013  Dovremmo approfittare di questo tempo duro per riflettere, più in profondità e più assieme, sulla natura di quell’attività umana fondativa e fondamentale che chiamiamo la­voro. A questo scop...
stdClass Object
(
    [id] => 7664
    [title] => Oltre la lingua delle merci
    [alias] => oltre-la-lingua-delle-merci
    [introtext] => 

Commenti - Un bene scarso e prezioso: la stima

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 14/07/2013

logo_avvenire

La stima è un bene sempre più scarso nelle nostre società, e quindi sempre più prezioso. La ‘domanda’ di stima cresce, ma non c’è sufficiente ‘offerta’, poiché siamo tutti intenti a cercarla e non abbiamo tempo e risorse per offrirla agli altri che, come noi, la cercano, la desiderano, la agognano. Avremmo bisogno di molta più stima di quella che riusciamo ad offrire, come ci ricordano nel libro L’economia della stima l’economista Geoffrey Brennan e il filosofo Philip Pettit. [fulltext] => La carestia di stima è una espressione di un tipico fallimento della nostra società di mercato, dove cresce lo spazio dei mercati e, come conseguenza, diventano drammaticamente scarsi i beni che non si possono comprare, beni che sono spesso quelli davvero essenziali per una buona vita individuale e sociale. Siamo così caduti in una carestia generalizzata di beni liberi non di mercato, e tra questi la stima.

La stima vera non è una merce. Ma il mercato capitalistico conosce la fame di stima non soddisfatta che c’è nel mondo, e cerca di offrire merci sostitute della stima. Queste merci sono soprattutto i ‘beni posizionali’, quelle merci che acquistiamo anche per soddisfare il nostro bisogno di attenzione, riconoscimento, di distinzione e persino stima da parte degli altri.

La ricerca dei beni posizionali è esistita in tutte le società, ma oggi questi beni stanno invadendo le nostre società individualiste e solitarie, dove mancando linguaggi più ricchi per dire chi siamo agli altri, la principale lingua che ci resta è quella del consumo vistoso. Il grande fascino che esercitano su di noi le merci dipende anche dal fatto che noi ‘parliamo’ con le cose che possediamo (e che non possediamo), una lingua che usiamo tanto più quanto più ci sentiamo analfabeti di altri linguaggi, salvo poi scoprire – quando lo scopriamo – che le cose che riusciamo a raccontarci con questa lingua sono troppo poche e povere, e mai quelle decisive per la nostra felicità. La lingua delle merci rischia di diventare il nuovo esperanto di persone sole in cerca di stima e di felicità nei modi e nei luoghi sbagliati.

La stima non è facile da individuare perché si trova spesso mescolata con altri sentimenti umani, tra i quali il riconoscimento, il fascino, il rispetto, l’attrazione, e soprattutto l’ammirazione. La stima ha però i suoi tratti distintivi e peculiari.

Innanzitutto la stima è faccenda di gratuità, non solo perché non può essere comprata né venduta, ma perché può solo essere donata liberamente e sinceramente. La sincerità, infatti, è essenziale: se colui al quale esprimo la mia stima percepisce o pensa che gli sto dicendo la mia stima solo per farlo felice o, magari, per pietà, la gioia della stima vera si tramuta nel suo opposto. L’esigenza di verità prevale sul bisogno di stima. Un meccanismo relazionale di cui sono consapevoli educatori e insegnanti. Se, infatti, uno studente legge un apprezzamento di un docente come non sincero, quella “stima” produce l’effetto di scoraggiamento e di riduzione di auto-stima. La stima finta si chiama anche adulazione (di cui sono inondati i potenti, che sono grandi indigenti di stima), ma può essere anche il risultato di scorciatoie prese per non aver voluto investire il tempo necessario per scoprire le ragioni della vera stima.

La stima ha poi bisogno della parola, meglio se orale e senza mediazioni. La stima va detta, va pronunciata. Non è un “I like”. Anche per questo la stima, a differenza dell’ammirazione, nasce solo tra persone legate da un rapporto personale. Posso ammirare un grande atleta o uno scrittore, ma perché si passi dall’ammirazione alla stima occorre che inizi un rapporto personale tra noi, è necessario che parliamo.

La stima, diversamente dal fascino o dall’attrazione che possono nascere anche da aspetti estetici o particolari doni (bellezza fisica, intelligenza …), sorge solo per ragioni morali. Non si stima l’altro per i suoi occhi verdi, ma per la sua virtù. Si può essere attratti o affascinati da un aspetto specifico di una persona (es. un talento), ma la stima è sempre un giudizio globale e sintetico sulla persona intera (e per questo la desideriamo tanto). E per questa sua natura globale, la stima è un processo, un cammino accidentato e fragile. La stima si origina sempre da un primo incontro, quando siamo colpiti da un aspetto dell’altro (onestà, bontà, rettitudine …). Ma la conoscenza e la frequentazione della persona che stimo può rivelarmi altre dimensioni del suo carattere che non meritano la mia stima, fino ad arrivare nel tempo alla triste e comune frase “non lo stimo più”, una frase tristissima e spesso fatale quando viene pronunciata nei confronti del proprio coniuge, dopo anni di matrimonio, di stima, di esercizio di “amarsi e onorarsi”. È a questo punto che inizia, se lo vogliamo e ne abbiamo le risorse morali e spirituali, l’ascetica della stima, quel processo doloroso, luogo ma anche sublime di ritrovare nuove ragioni per tornare a stimare una persona che non si stima più, e dal quale magari non si sente più stimata – essendo un bene relazionale, la stima è profondamente intrecciata con la reciprocità (“gareggiate nello stimarvi a vicenda”), che complica e arricchisce tutto il processo – la stima di chi non si stima, ad esempio, non genera alcuna gioia. Anche per questa ragione la stima vera è sempre dono, e per-dono.

Infine, la poca stima che esiste nel mondo dipende anche, e forse soprattutto, dalla scarsità di persone capaci di trovare ragioni di stimabilità negli altri. Molte persone che ci appaiono non meritevoli di stima in realtà se fossero viste con gli occhi giusti rivelerebbero almeno un aspetto di verità, bontà e bellezza, che potrebbe diventare una via di accesso alla stima. Ma questi “occhi”, questi sguardi profondi nell’anima degli altri, sono troppo rari nella nostra società. Noi sappiamo, o quantomeno intuiamo, di avere in noi qualcosa di stimabile, e ci sentiamo vittima di una vera e propria ingiustizia quando gli altri non si accorgono del bello che abbiamo e che siamo. La sensazione di non essere stimati abbastanza, perché non conosciuti e riconosciuti veramente, è tra quelle più profonde, dolorose e durature dell’esistenza. Ho avuto il dono di avere per amici alcune persone che hanno stimato delle cose belle in me ancor prima che io stesso mi accorgessi della loro presenza: la loro stima le hanno fatte fiorire e maturare. Questa stima profonda ha la capacità di trasformare i ‘non ancora’ in ‘già’. Una delle funzioni preziose che hanno i carismi nella storia è generare persone portatrici di questi sguardi capaci di far affiorare la stimabilità in tante persone che non si stimano, e quindi non stimano gli altri e la vita. Nelle persone ci sono troppe dimensioni di bellezza, verità e bontà che appassiscono e muoiono perché non trovano occhi capaci di vederle, amarle, e farle risorgere.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-07-13 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-07-13 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4535 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7415 [ordering] => 380 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-07-13 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7664:oltre-la-lingua-delle-merci [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - Un bene scarso e prezioso: la stima

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 14/07/2013

logo_avvenire

La stima è un bene sempre più scarso nelle nostre società, e quindi sempre più prezioso. La ‘domanda’ di stima cresce, ma non c’è sufficiente ‘offerta’, poiché siamo tutti intenti a cercarla e non abbiamo tempo e risorse per offrirla agli altri che, come noi, la cercano, la desiderano, la agognano. Avremmo bisogno di molta più stima di quella che riusciamo ad offrire, come ci ricordano nel libro L’economia della stima l’economista Geoffrey Brennan e il filosofo Philip Pettit. [jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )

Oltre la lingua delle merci

Oltre la lingua delle merci

Commenti - Un bene scarso e prezioso: la stima di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 14/07/2013 La stima è un bene sempre più scarso nelle nostre società, e quindi sempre più prezioso. La ‘domanda’ di stima cresce, ma non c’è sufficiente ‘offerta’, poiché siamo tutti intenti a cercarla e n...
stdClass Object
(
    [id] => 7639
    [title] => Via dal culto imperiale
    [alias] => via-dal-culto-imperiale
    [introtext] => 

Commenti - Capitalismo finanziario e antidoti

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 07/07/2013

logo_avvenire

Per capire che cosa veramente si cela die­tro le crescenti resistenze alla chiusura domenicale dei negozi, dobbiamo avere il co­raggio di fare seriamente i conti con la natu­ra antropologica e cultuale del nostro capita­lismo. Il filosofo Walter Benjamin nel 1921 scri­veva che «nel capitalismo bisogna scorgervi u­na religione, perché nella sua essenza esso serve a soddisfare quelle medesime preoccu­pazioni, quei tormenti, quelle inquietudini, cui in passato davano risposta le cosiddette re­ligioni. (…) In Occidente, il capitalismo si è sviluppato parassitariamente sul cristianesi­mo » (Il Capitalismo come religione, 1921). E con capacità profetica aggiungeva: «In futuro ne avremo una visione complessiva».

[fulltext] =>

Infatti, la natura religiosa del capitalismo è oggi molto più evidente che negli anni Venti, se pensiamo quanto sono diventanti esigui i territori della vita non in vendita. Una reli­gione pagana e di solo culto, che cerca di pren­dere il posto del cristianesimo (non di qual­siasi religione), anche perché è dall’umanesi­mo ebraico-cristiano che è stato generato. La modernità, allora, non sarebbe una de-sacra­lizzazione o disincanto del mondo, ma l’af­fermazione di una nuova religione, o la tra­sformazione dello spirito cristiano nello 'spi­rito' del capitalismo. Una tesi forte, inevita­bilmente controversa, ma che coglie senza dubbio una dimensione fondamentale del no­stro tempo, colta anche dal genio filosofico di Antonio Rosmini quando il capitalismo era ancora ai suoi albori.

Gli intrecci tra cristianesimo e capitalismo so­no profondi fin dalle loro origini. Il capitali­smo prende il proprio lessico dalla Bibbia (fe­de-fiducia, credito-credere...), e gli stessi e­vangelisti usano il linguaggio economico del loro tempo per comporre similitudini e para­bole. E non capiamo Medioevo, Riforma e Mo­dernità senza le tante intersezioni tra grazia e denaro. Ma solo in epoca recente il capitali­smo ha rivelato pienamente la sua natura di religione pagana. Non c’è soltanto la devo­zione alla dea fortuna, divinità suprema del­la legione di 'giochi' che sta possedendo nuo­ve categorie di poveri. Non ci sono soltanto i centri commerciali disegnati a forma di tem­pio, né solo la cultura di quelle società di mul­ti-level marketing che iniziano col segno del­la croce le loro sedute in cerca di nuovi fedeli del loro prodotto-feticcio, e neanche soltan­to la creazione di un sistema finanziario ba­sato sulla sola fede senza più alcun rapporto con l’economia reale.

Questa nuova religione ci promette, ci offre, molto di più: una pseudo-eternità, un surro­gato della vita eterna. La mia auto in quanto singolo prodotto invecchia e si deteriora, ma, se ho il denaro o credito, posso acquistarne immediatamente un’altra nuova, vincendo così la morte. Fino all’apoteosi della chirurgia estetica, l’elisir dell’(illusione) dell’eterna gio­vinezza. Come ogni religione pagana celebra il piacere e la giovinezza, e così non vuol ve­dere e nasconde la morte (anche dentro l’idea orgogliosa di quell’autodeterminazione che si fa eutanasia e suicidio assistito). La na­sconde perché troppo vera per essere da es­sa capita: chi incrocia più un funerale lun­go le nostre strade? Chi vede più i bambini attorno al capezzale di un nonno defunto? Così da idolatria, malattia di ogni civiltà reli­giosa, il culto del denaro si è trasformato con il capitalismo in una vera e propria religione, con propri sacerdoti, chiese, incensi, liturgie e santi, con un culto feriale a orario conti­nuato, un’adorazione perpetua che non si in­terrompe né di sabato, né di venerdì, né tan­tomeno di domenica. È quindi una pia illu­sione pensare che la cultura capitalista pos­sa rispettare il riposo domenicale: in quella re­ligione non c’è domenica, perché ogni gior­no è il giorno del culto. Non c’è coabitazione tra la cultura della domenica e la cultura del capitalismo.

I capitalismi, però, non sono tutti uguali – o almeno non lo erano fino ad epoca recente. L’Europa, in particolare, ha generato una sua propria via al capitalismo, che è stato l’ap­prodo di un modo di intendere l’economia e la società, nato anche dal cuore dei carismi monastici, francescani, domenicani. La Rifor­ma e la Controriforma hanno inferto una profonda ferita a quell’economia di mercato che aveva fatto grandi e bellissime Firenze, Venezia, Lisbona.

La lunga storia europea, con la sua grande esperienza di società diverse e meticce, è stata capace di dar vita ad un capitalismo sociale o, come preferisco dire, a una economia di mercato civile che ha consentito i miracoli economici, la fioritura del movimento cooperativo (la più grande esperienza di economia di mercato non capitalistico della storia), il grande progetto di un’Europa unita, e la realizzazione di uno Stato sociale e comunitario che il mondo civile ci invidiava. Il nostro capitalismo è stato diverso, non dimentichiamolo oggi nell’età della globalizzazione, perché era basato su una idea di mercato solidale e comunitario. Se il nostro capitalismo civile fosse ancora vivo, non dovrebbero esistere società di giochi e scommesse 'legali' che 'donano' un volgarissimo 0,0001% degli enormi profitti a fondazioni per la cura delle dipendenze dall’azzardo da loro create. Come non dovrebbero esistere fondazioni ed enti pubblici che accettano queste elemosine, disoneste e mortifere. E non dovrebbero esistere cittadini europei che assistono silenti a questi sacrifici umani ai nuovi dei pagani. E invece esistono e proliferano, complici i governi, anche per mancanza di forza politica, per assenza di pensiero profondo, e per la latitanza di una società civile matura e responsabile. Le Chiese, in particolare la Chiesa cattolica, nel Ventesimo Secolo avevano individuato il nemico della fede nei grandi sistemi collettivisti, e sono state protagoniste nel crollo di quei muri. E mentre la polvere di quel crollo si alzava, la voce del Papa non mancò di avvertire che un’altra forza presuntuosa e 'selvaggia' continuava a minacciare l’uomo e la donna del nostro tempo.

Non c’è, però, ancora la consapevolezza diffusa del pericolo non meno devastante e anti-cristiano del capitalismo finanziario, che, anche per la nostra distrazione, sta dominando e paganizzando il mondo. L’uomo del capitalismo non può essere evangelizzato, perché ha già il suo vangelo, che chiede molto meno del Vangelo di Gesù.

La buona battaglia per salvare la domenica, anche come giorno liberato dalla cultura del mono-mercato, ha senso se è segno di una rinascita di un pensiero politico ed economico diversi, che metta in discussione i dogmi e i tabù del culto dei mercati. Le radici cristiane e umanistiche dell’Europa non possono essere invocate solo per riconoscere da dove veniamo, dovrebbero anche indicarci dove dobbiamo andare. E sono negate e osteggiate proprio perché segno di contraddizione, perché risorse morali utili per tracciare una rotta alternativa rispetto a quella che si vuole imporre. L’impero del capitalismo finanziario e della sua religione è destinato, come tutti gli imperi della storia, a crollare, e sono molti i segni che dicono che il suo crollo non è distante. Dobbiamo sentire forte la responsabilità di agire e reagire subito per far sì che tra due-tre decenni i nostri nipoti crescano liberati dai totem e i tabù che hanno occupato il nostro tempo e persino le nostre anime.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-07-06 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-07-06 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4577 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7632 [ordering] => 381 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-07-06 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7639:via-dal-culto-imperiale [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - Capitalismo finanziario e antidoti

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 07/07/2013

logo_avvenire

Per capire che cosa veramente si cela die­tro le crescenti resistenze alla chiusura domenicale dei negozi, dobbiamo avere il co­raggio di fare seriamente i conti con la natu­ra antropologica e cultuale del nostro capita­lismo. Il filosofo Walter Benjamin nel 1921 scri­veva che «nel capitalismo bisogna scorgervi u­na religione, perché nella sua essenza esso serve a soddisfare quelle medesime preoccu­pazioni, quei tormenti, quelle inquietudini, cui in passato davano risposta le cosiddette re­ligioni. (…) In Occidente, il capitalismo si è sviluppato parassitariamente sul cristianesi­mo » (Il Capitalismo come religione, 1921). E con capacità profetica aggiungeva: «In futuro ne avremo una visione complessiva».

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
Via dal culto imperiale

Via dal culto imperiale

Commenti - Capitalismo finanziario e antidoti di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 07/07/2013 Per capire che cosa veramente si cela die­tro le crescenti resistenze alla chiusura domenicale dei negozi, dobbiamo avere il co­raggio di fare seriamente i conti con la natu­ra antropologica e cu...
stdClass Object
(
    [id] => 7624
    [title] => Il grano e il loglio
    [alias] => il-grano-e-il-loglio
    [introtext] => 

Commenti - L'invidia male dei tempi di crisi

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 30/06/2013

logo_avvenireC’è una nota che accomuna molte forme di malessere non inevitabile che affliggono la nostra società: l’urgenza di rieducare le nostre passioni e i nostri sentimenti. Una passione da rieducare presto è l’invidia, tra le più devastanti in ogni cultura, molto pericolosa nei tempi di crisi. Le culture del passato, a differenza della nostra, conoscevano i disastri prodotti dall’invidia non curata e gestita, e così avevano sviluppato un’etica idonea ad orientarla al bene o quanto meno ad arginarla.

[fulltext] =>

La regola d’oro – ‘fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te’ – può anche essere letta come una cura preventiva dell’invidia. Non a caso è posta dalla Bibbia al centro della prima fraternità-fratricidio di Caino. La nostra civiltà, però, fa molta fatica a capire l’invidia. La confonde con un’idea errata di competizione (battere gli altri), la quale viene addirittura presentata come l’unica strada per orientare al bene comune la natura invidiosa della persona.

Non la vediamo dietro alle crescenti invocazioni della meritocrazia, cioè del merito nostro e del demerito (o “fortuna”) degli altri. Non la riconosciamo dietro denunce e querele, e così non facciamo regole per bloccare sul nascere troppi processi evidentemente ‘invidiosi’, che assorbono immense energie morali ed economiche di cittadini e tribunali. Non la smascheriamo nella corsa al “consumo posizionale”, che ci fa indebitare per raggiungere i livelli di consumo di colleghi e vicini e di casa, un’invidia sociale che la pubblicità tende ad amplificare e il mercato a sfruttare per vendere le sue merci, aumentando il Pil e l’infelicità – eliminare la componente ‘invidiosa’ del Pil sarebbe un primo passaggio verso una misurazione del benessere reale di un Paese.

Eppure l’invidia è molto semplice da individuare: è soffrire per il bene altrui, gioire per il suo male, e poi agire per creare quel male o ridurre quel bene. In tedesco esiste una parola (Schadenfreude) che esprime esattamente quel sentimento di compiacimento che può nascere in noi quando qualcuno ci comunica una brutta notizia che lo riguarda.

Perché però si cada nel vizio, e spesso dal vizio si passi al danno e persino al reato, occorre che la passione generi azioni. Non è il semplice “desiderio” della “roba d’altri” a violare il comandamento. Ce lo suggerisce anche il significato del verbo ebraico hamad: nel Decalogo lo traduciamo con “desiderare”, ma la sua semantica indica l’atteggiamento di chi delibera di agire per ottenere ciò che desidera (male). In realtà, se un sentimento o un pensiero cattivo non viene combattuto sul nascere, prima o poi si traduce anche in opere, parole, omissioni.

Nell’invidia esiste poi un fondamentale meccanismo di reciprocità negativa. Poiché so che tu stai provando invidia per il mio successo, anche io, se sono invidioso, provo un piacere subdolo a raccontarti le mie vittorie (e a tacerti le mie sventure). E così si generano spirali di mali relazionali, di cui siamo ogni giorno spettatori e protagonisti, circoli viziosi spezzati solo dalla presenza di persone magnanime. La presenza di persone magnanime è un grande dono per una comunità, perché, essendo anti-invidiose, moltiplicano le gioie e riducono i dolori. Ma non si diventa magnanimi senza una profonda vita spirituale e quindi un costante esercizio dell’agape – sia l’eros che la philia possono produrre invidia, solo l’agape è per natura anti-invidiosa. La famiglia è, o dovrebbe essere, il principale luogo dove si svolge il gioco di specchi virtuoso dell’anti-invidia. Una delle più grandi forme di povertà del nostro tempo è quella che vivono i tanti che non hanno persone anti-invidiose con cui condividere le grandi sventure e le grandi gioie dell’esistenza.

L’invidia, come già ricordava Aristotele, si sviluppa solo verso i nostri pari. Da studenti non si è invidiosi dei professori, ma dei compagni. Non si invidiava l’imperatore, né il padrone. Verso i ‘superiori’ scattano altri sentimenti: rabbia, ammirazione, l’imitazione e magari la speranza di diventare un giorno come loro. Non si invidiano i genitori, ma i fratelli. Un segnale inequivocabile di invidia è la sindrome dell’ “anche se …, quella nota negativa con cui l’invidioso termina ogni apprezzamento (“è un’ottima persona, anche se …”). Le società castali, dalle civiltà antiche alle grandi imprese capitalistiche, sono anche un tentativo di limitare lo sviluppo dell’invidia. L’ideale di ogni società gerarchica perfetta è la costruzione di organizzazioni sociali dove i pari siano il meno possibile, e ognuno abbia solo superiori e inferiori. Gli esseri umani fanno fatica non tanto a comandare o ubbidire, ma a rapportarsi positivamente con i pari. Le società globalizzate e più ugualitarie aumentano moltissimo il numero dei pari, e quindi la possibilità dell’invidia.

Ma non dobbiamo dimenticare che quando ci confrontiamo con chi sentiamo migliori di noi, insieme alla possibile invidia sorge spesso anche la stima e il desiderio di cooperazione. Quando un mio pari ottiene un miglioramento e siamo in un contesto statico, dove la ‘torta’ è data ed è una sola, quel suo vantaggio può facilmente tradursi in un mio svantaggio, in un “gioco a somma zero” (dove i guadagni dell’uno sono uguali alle perdite dell’altro). E qui scattano il sentimento e spesso le azioni, dell’invidia.

Ma in realtà le relazioni sociali che sono oggettivamente un “gioco a somma zero” sono soltanto una piccola minoranza. La vita in comune, quando funziona, è invece una grande fabbrica cooperativa, un insieme di relazioni di mutuo vantaggio per crescere insieme. L’invidia coltivata ci fa allora perdere molte occasioni di mutuo vantaggio, perché ci porta a leggere soggettivamente il mondo come un luogo di continuo confronto rivale e distruttivo con gli altri, e non come un insieme di opportunità di reciprocità. Ecco perché molto spesso l’invidia è una scorciatoia sbagliata in un rapporto nel quale non siamo stati capaci di vedere e trovare una buona reciprocità. L’invidia può essere una stima che non giunge a maturazione per insufficiente magnanimità.

Nei tempi di crisi si accentua la tendenza a leggere i rapporti con gli altri in termini rivali e invidiosi, come ‘giochi a somma zero’. Le crisi alimentano le invidie e da queste sono alimentate.  È quindi in questi tempi che l’educazione all’anti-invidia, alla magnanimità, alla stima dei nostri pari è particolarmente preziosa, cominciando come sempre dalla famiglia e dalla scuola per arrivare alle istituzioni (sistema fiscale, schemi d’incentivi nelle imprese …), che non devono generare il loglio dell’invidia ma il buon grano della cooperazione.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-29 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-29 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4878 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7143 [ordering] => 382 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-29 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7624:il-grano-e-il-loglio [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - L'invidia male dei tempi di crisi

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 30/06/2013

logo_avvenireC’è una nota che accomuna molte forme di malessere non inevitabile che affliggono la nostra società: l’urgenza di rieducare le nostre passioni e i nostri sentimenti. Una passione da rieducare presto è l’invidia, tra le più devastanti in ogni cultura, molto pericolosa nei tempi di crisi. Le culture del passato, a differenza della nostra, conoscevano i disastri prodotti dall’invidia non curata e gestita, e così avevano sviluppato un’etica idonea ad orientarla al bene o quanto meno ad arginarla.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
Il grano e il loglio

Il grano e il loglio

Commenti - L'invidia male dei tempi di crisi di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 30/06/2013 C’è una nota che accomuna molte forme di malessere non inevitabile che affliggono la nostra società: l’urgenza di rieducare le nostre passioni e i nostri sentimenti. Una passione da rieducare presto...
stdClass Object
(
    [id] => 7575
    [title] => Il mostro in "Paradiso"
    [alias] => il-mostro-in-paradiso
    [introtext] => 

Commenti - Sfida all’offshore: dura e necessaria

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 23/06/2013

logo_avvenire

L’annuncio del G8 di lanciare una guerra ai ‘paradisi fiscali’, e le proteste dei brasiliani per la Coppa del mondo di calcio, sono fatti profondamente legati tra di loro. Il “grande” calcio ha perso contatto con il buon gioco. Tra il mercato delle multinazionali dello sport e la partita di calcio nel campetto c’è sempre meno in comune, come c’è sempre meno contatto etico tra il mio comprare pane al mercato e le dinamiche dei grandi mercati internazionali dei cereali. Non si tratta più – come fino pochi decenni fa – di differenze di grado, bensì di natura, una trasformazione profonda cui ha contribuito, e non poco, l’avvento del capitalismo finanziario.

[fulltext] =>

È anche (non solo) questa trasformazione di natura di un calcio preda dei grandi interessi economici, che porta molti brasiliani a protestare in questi giorni contro l’organizzazione della Coppa. Quei brasiliani stanno allora cercando di dire qualcosa di molto importante al loro governo: investiamo le risorse nell’istruzione dei giovani, nella sanità, nella sicurezza, e quindi nella lotta alla diseguaglianza, la loro vera piaga, che la Coppa (2014) e le Olimpiadi (2016) non curano di certo.

Non si crea panem con i circenses, soprattutto quando i circenses (giochi) sono, ieri come oggi, strumenti in mano agli imperatori. E che quando creano pane quel pane non è buono, perché non arriva ai poveri ma va ad alimentare i banchetti degli sponsor e degli epuloni che costruiscono gli stadi. Il calcio non va usato come il nuovo oppio dei poveri e dei giovani, come a volte è accaduto, e non solo in Brasile. Servono, chiediamoci, nuovi stadi di calcio al Brasile, dove in molte sue regioni mancano ancora buoni ospedali, buone scuole e università? E servirebbero a chi? E servivano, e a chi, al Sudafrica (oggi in profonda crisi economica, dopo una breve primavera pre-2010)? Che cosa ci ha portato Italia ’90, oltre ad appalti corrotti e alla distrazione dalle vicende epocali di quel periodo storico? Per non parlare di Atene 2004. Ma, in generale, perché servono gli stadi a questo calcio capitalistico se mentre li costruisce con soldi pubblici svende lo sport alle multinazionali dei media, che fanno di tutto per venderci la partita in Tv sul divano e da soli, trasformando così lo sport da bene relazionale in merce?

Molte delle multinazionali che sponsorizzano i grandi eventi sportivi brasiliani e di tutto il mondo, sono utilizzatori di quei paradisi fiscali ai quali l’ultimo G8 ha (ri)promesso lotta senza quartiere. Le dichiarazione di guerra ai ‘paradisi’ sono uno dei rituali dei meeting dei grandi, o meglio, dei potenti della terra. Quella del G20 di Londra del 2 aprile 2009 fu una delle più solenni, annunciata come battaglia finale e decisiva alle operazioni offshore. Offshore, cioè azioni che avvengono a largo, nei mari, dove nessuno ci vede e i grandi mostri marini “guizzano e brulicano nelle acque” (Genesi), il regno di Leviathan e di Moby Dick.

Ma l’eden del capitalismo finanziario dai mari ha inondato anche i contenenti, fino alle Alpi. In Europa ci sono troppi stati, principati, repubbliche, isole, dove le imprese ottengono “incentivi” fiscali non troppo diversi da quelli offerti dalle famigerate isole Cayman. I loro abitanti sono moltissime imprese multinazionali, società finanziarie, banche, che con la mano impura pongono la sede legale nei paradisi, e con quella pura producono ‘bilanci sociali’ patinati, e magari generose fondazioni filantropiche con l’1% di quei profitti sbagliati. Lo scorso anno smisi di acquistare un prodotto alimentare, che pure mi piaceva molto, dopo un convegno a Montecarlo in cui scoprii che quella nostra impresa aveva lì la sede fiscale. Dovremmo avere il coraggio di riconoscere che il nostro capitalismo finanziario ha un bisogno vitale dei paradisi fiscali. L’offerta di tasse paradisiache è la risposta alla forte domanda di banche, fondi, imprese e cittadini. Una quota impressionante del commercio internazionale, circa la metà, ricorre direttamente o indirettamente ai paradisi fiscali. Quasi tutte le grandi imprese, per non parlare delle banche o dei fondi d’investimento, hanno interi dipartimenti dedicati all’ottimizzazione fiscale (espressione suggestiva), e pagano milioni di euro a consulenti tributari per trovare il prodotto fiscale migliore sui mercati/mari globali.

La politica mondiale, anche se credesse in quanto dichiara, non ha la forza per gestire questo capitalismo, per domare il Leviathan. I paradisi fiscali non sono allora un’anomalia del nostro sistema. Finché la cultura del capitalismo finanziario resterà basata sulla massimizzazione dei profitti a brevissimo termine, i paradisi fiscali saranno organici al sistema. Se volessimo veramente eliminarli dovremmo fare cose molto serie e radicali, a cominciare con stili di vita non consumistici e solidali che andrebbero inseriti nei programmi di ogni scuola, passando per la regolamentazione bancaria che invece stanno andando nella direzione opposta (es. Basilea 3), per arrivare a qualche segnale di dietro-marcia nel processo di globalizzazione ridando più poteri ai territori. In mancanza di cose serie e quindi impopolari, i nostri leader con le loro dichiarazioni continuano a comportarsi come quel mio amico che alla fine di cene con ogni sorta di grassi e dolci prendeva sempre il caffè con il dolcificante perché voleva “iniziare una dieta”. I processi seri di cambiamento s’interrogano sulle cause, e da lì partono.

Oggi, anche se è scomodo dirlo, i paradisi fiscali sono l’altra faccia, quella meno presentabile, degli smartphone, delle beauty farm, del turismo esotico, e di molte merci che di questo capitalismo piacciono tanto. Molte civiltà del passato hanno avuto i loro paradisi fiscali, quei luoghi fuori dal controllo civile, dove ci si permettevano operazioni di compensazione umana ed etica delle mille ingiustizie di ogni età. Schiavi, servi, colonie, guerre. Ma, non dimentichiamolo, ogni civiltà ha anche lottato per eliminare i grandi mostri che sguizzano nei mari. Ha voluto e sognato un mondo diverso, e ha saputo sperare: “Il Signore, visiterà Leviathan, il serpente guizzante, Leviathan, il serpente tortuoso, e ucciderà il mostro che è nel mare” (Isaia).

Oggi li chiamano “paradisi”, ma restano sempre luoghi popolati dai mostri marini non meno disumani di quelli delle civiltà passate. Non dimentichiamo che tra le vittime degli abitanti dell’offshore ci sono le piccole e medie imprese che non hanno ‘santi’ in quei paradisi, perché non hanno né la cultura (grazie a Dio) né i soldi per quelle operazioni, ma che si trovano spesso a competere con quelle imprese paradisiache. Perdono mercati, chiudono, e perdiamo lavoro. Prendiamo allora sul serio le proteste civili dei brasiliani, e non smettiamo di sdegnarci per questo capitalismo che ha bisogno degli abitanti dell’offshore. E agiamo, a tutti i livelli, per cambiarlo.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-22 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-22 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4902 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7044 [ordering] => 383 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-22 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7575:il-mostro-in-paradiso [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - Sfida all’offshore: dura e necessaria

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 23/06/2013

logo_avvenire

L’annuncio del G8 di lanciare una guerra ai ‘paradisi fiscali’, e le proteste dei brasiliani per la Coppa del mondo di calcio, sono fatti profondamente legati tra di loro. Il “grande” calcio ha perso contatto con il buon gioco. Tra il mercato delle multinazionali dello sport e la partita di calcio nel campetto c’è sempre meno in comune, come c’è sempre meno contatto etico tra il mio comprare pane al mercato e le dinamiche dei grandi mercati internazionali dei cereali. Non si tratta più – come fino pochi decenni fa – di differenze di grado, bensì di natura, una trasformazione profonda cui ha contribuito, e non poco, l’avvento del capitalismo finanziario.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
Il mostro in "Paradiso"

Il mostro in "Paradiso"

Commenti - Sfida all’offshore: dura e necessaria di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 23/06/2013 L’annuncio del G8 di lanciare una guerra ai ‘paradisi fiscali’, e le proteste dei brasiliani per la Coppa del mondo di calcio, sono fatti profondamente legati tra di loro. Il “grande” calcio h...
stdClass Object
(
    [id] => 7556
    [title] => Capra, molti gli spunti di riflessione ma era facile cadere nello scontato
    [alias] => capra-molti-gli-spunti-di-riflessione-ma-era-facile-cadere-nello-scontato
    [introtext] => 

Il tema di attualità all'esame di maturità: un commento

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 20/06/2013

logo avvenireIl tema di ordine generale dedicato a una frase tratta da “La rete della vita” del fisico austriaco Fritjof Capra offre molti spunti per ragionare sul significato di termini come competizione e cooperazione. La cooperazione è la regola aura della vita. Il libro della natura ci racconta soprattutto storie di organismi che operano insieme (co-operano) in vista di un mutuo vantaggio. Ma se guardiamo le migliori teorie della biologia evolutiva del secondo Novecento, ritroviamo modelli che combinano elementi di cooperazione con altri di competizione.

[fulltext] =>

Ci sono, infatti, due errori da evitare in tema di evoluzione. Il primo consiste nell’identificare la cooperazione con l’altruismo.Le pratiche cooperative in molti casi hanno bisogno anche di comportamenti altruisti da parte di uno o più individui (dall’anatra che aumenta il rischio di essere predata quando lancia un grido di allarme allo stormo per l’arrivo di un falco, all’uomo che si getta nel fiume per salvare qualcun altro che sta annegando). Ma la regola generale della cooperazione non è il sacrificio unilaterale ma il mutuo vantaggio, la reciprocità, la mutualità. Ciò è particolarmente vero nella cooperazione (intenzionale) umana, dalla famiglia alle imprese, dove il cooperare è ‘un gioco a somma positivo’, da cui si esce, in genere, con un mutuo vantaggio.

Il secondo errore da non commettere – verso cui potrebbe condurre la conclusione della frase di Capra – è leggere la cooperazione come l’antitesi della competizione. Competere, come è noto, proviene dal latino “cum-petere”, cercare insieme, un concetto che ricorda molto da vicino la cooperazione. Pensiamo allo sport o al mercato. Non cooperiamo solo all’interno di una squadra: si coopera anche con i concorrenti in una gara di atletica, perché il confronto con gli altri, l’emulazione dei più bravi, migliora i record, e mi fa crescere. Ciò è ancora più vero per il mercato, che è prima di tutto una grande rete cooperativa, che vive anche di ‘civil concorrenza’, come amavano dire gli economisti italiani dei secoli scorsi. Certo, se nello sport ci si dopa e se nel mercato si evadono le tasse, la competizione diventa l’anti-cooperazione e produce ‘male comune’. Come esiste una cattiva cooperazione, quelle delle mafie o dei cartelli tra imprese. Ma qui parliamo di malattie, non della fisiologia delle cose. Un buon sistema sociale sa leggere la competizione come alleata della cooperazione.

Il tema di argomento generale:  Fritjof Capra ('La rete della vità) afferma: "Tutti gli organismi macroscopici, compresi noi stessi, sono prove viventi del fatto che le pratiche distruttive a lungo andare falliscono. Alla fine gli aggressori distruggono sempre se stessi, lasciando il posto ad altri individui che sanno come cooperare  e progredire. La vita non è quindi solo una lotta di competizione, ma anche un trionfo di cooperazione e creatività. Di fatto, dalla creazione delle prime cellule nucleate, l'evoluzione ha proceduto attraverso accordi di cooperazione e di co-evoluzione sempre più intricatì." Il candidato interpreti questa affermazione alla luce dei suoi studi e delle sue esperienze di vita

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-20 15:13:49 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-20 15:13:52 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"article_layout":"","show_title":"","link_titles":"","show_tags":"","show_intro":"","info_block_position":"","info_block_show_title":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_associations":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_page_title":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","helix_ultimate_image":"","helix_ultimate_article_format":"standard","helix_ultimate_audio":"","helix_ultimate_gallery":"","helix_ultimate_video":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 7345 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 2850 [ordering] => 316 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-20 15:13:49 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7556:capra-molti-gli-spunti-di-riflessione-ma-era-facile-cadere-nello-scontato [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Il tema di attualità all'esame di maturità: un commento

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 20/06/2013

logo avvenireIl tema di ordine generale dedicato a una frase tratta da “La rete della vita” del fisico austriaco Fritjof Capra offre molti spunti per ragionare sul significato di termini come competizione e cooperazione. La cooperazione è la regola aura della vita. Il libro della natura ci racconta soprattutto storie di organismi che operano insieme (co-operano) in vista di un mutuo vantaggio. Ma se guardiamo le migliori teorie della biologia evolutiva del secondo Novecento, ritroviamo modelli che combinano elementi di cooperazione con altri di competizione.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
Capra, molti gli spunti di riflessione ma era facile cadere nello scontato

Capra, molti gli spunti di riflessione ma era facile cadere nello scontato

Il tema di attualità all'esame di maturità: un commento di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 20/06/2013 Il tema di ordine generale dedicato a una frase tratta da “La rete della vita” del fisico austriaco Fritjof Capra offre molti spunti per ragionare sul significato di termini come competiz...
stdClass Object
(
    [id] => 7541
    [title] => Parliamone, ma davvero (altrimenti non si cresce più)
    [alias] => parliamone-ma-davvero-altrimenti-non-si-cresce-piu
    [introtext] => 

Commenti - L’importanza delle relazioni umane nelle imprese

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 16/06/2013

logo_avvenireQuando un Paese non crea lavoro, soffre anche chi il lavoro ce l’ha. Il benessere lavorativo è in diminuzione, soprattutto nell’Europa del Sud (Ipsos, TNS-sofres). Il 68% dei francesi, ad esempio, dice che tra il 2008 e il 2012 la qualità della loro vita lavorativa è degradata. Una percentuale che arriva al 75% per i lavoratori compresi tra i 35 e i 49 anni. C’è, infatti, una sofferenza tipica dei lavoratori di mezza età, quelli che non sono né all’inizio né alla fine della carriera.

[fulltext] =>

Le motivazioni nel lavoro crescono con noi. Quando si inizia un lavoro, soprattutto da giovani, le motivazioni sono in genere forti. Dopo venti anni che si lavora nella stessa organizzazione, magari nello stesso ufficio, quelle prime motivazioni tendono a perdere forza, e all’entusiasmo dei primi anni subentrano stanchezza e non di rado cinismo, se non si è capaci di trovare nuove motivazioni, magari più profonde e alte delle prime, certamente diverse. Ciò è vero - lo dicono quegli stessi dati - soprattutto per i dipendenti pubblici e per gli impiegati di medio livello.

Basta guardarsi attorno, o dentro, per vedere quanta insoddisfazione c’è nei nostri luoghi di lavoro, soprattutto nelle persone di mezz’età. Non a caso gli studi sulla felicità mostrano un andamento ad “U” in rapporto all’età: il minimo di felicità si raggiunge attorno ai 45 anni – poi la felicità riprende a risalire, se si hanno salute e buone relazioni.

Ciò che è certo è che abbiamo costruito organizzazioni e regole di governo che ignorano, o trascurano troppo, le diverse età della vita, dimenticando che tra Maria lavoratrice ventenne e Maria sessantenne c’è poco in comune. Noi cresciamo, evolviamo, ma la nostra impresa non cresce e non cambia con noi e come noi. Ecco allora che nel ‘mezzo del cammin’ ci ritroviamo spesso in crisi profonde, che vanno ben oltre la sola dimensione professionale – il lavoro è vita.

Il mondo dell’ impresa investe troppo poco nella cura delle relazioni umane. Anzi, la cultura relazionale interna alle imprese, private e pubbliche, è troppo spesso basata sulla sfiducia e su un pessimismo antropologico che ci ha convinti che la gente lavora solo quando è controllata o incentivata. Così troppa gente sta male a lavoro – quando daremo vita ad un indicatore nazionale di benessere e malessere lavorativo? -, e spendiamo sempre più tempo e denaro in ricerca di benessere, spesso illusorio, fuori dal lavoro (wellness, spa), in fuga dal malessere lavorativo. È questo un umanesimo saggio e sostenibile? Non sarebbe socialmente più intelligente aumentare il benessere, e quindi la qualità delle relazioni, mentre si lavora?

In questo cambiamento di paradigma potrebbero venirci incontro, ad esempio, la storia e la cultura delle istituzioni carismatiche che sono, guarda caso, le istituzioni più longeve dell’Occidente – la vita media di una abbazia benedettina europea è di circa cinque secoli. La loro durata dipende anche da regole di governance, che ne hanno consentito, e ne consentono, la lunga e buona vita. Ci sono alcuni strumenti di tali comunità carismatiche che dovrebbero essere imitati, con opportune mediazioni, anche dalle imprese, poiché hanno una portata antropologica universale.

Prendiamo, per un esempio, la pratica del colloquio periodico tra ogni membro della comunità e il proprio diretto responsabile, strumento cruciale per la cura relazionale di quelle comunità. Ci sono molte imprese dove i dipendenti vanno in pensione senza aver mai avuto un vero colloquio personale con il proprio dirigente. Conosco, invece, alcune imprese e cooperative dove tali pratiche esistono, sebbene siano ancora rare e saltuarie.

Il colloquio lavoratore/responsabile – che non va confuso con il ‘coaching’, molto di moda - ha invece un’importanza cruciale, soprattutto oggi. Ci sono molti benefici, individuali e organizzativi, che produrrebbe la pratica sistematica del colloquio (due volte l’anno?).

Innanzitutto, il colloquio crea uno spazio idoneo nel quale esprimere le proteste, le sofferenze, i dissensi, i disagi. Se mancano questi spazi si generano fiumi di chiacchiere, di pettegolezzi, debiti e crediti psicologici, che alimentano divisioni e possono diventare dei propri e veri cancri organizzativi. Le mormorazioni di biblica memoria non sono sempre e soltanto frutto di persone maldicenti e pettegole; possono anche essere il prodotto di una istituzione che non prevede nessun strumento per orientare costruttivamente le proteste, le critiche e i disagi delle persone, e anche per ringraziare, atto fondamentale in ogni comunità, anche lavorativa.

Ci sono responsabili e manager che pensavano di aver ringraziato un lavoratore perché gli avevano inviato un “grazie” o un “bravo” incrociandolo lungo le scale, magari parlando al telefonino. Parole come “grazie”, “scusa”, “bravo” sono preziose solo se usate con parsimonia.

Infine, la pratica del colloquio aumenta quella “philia” necessaria ad ogni organizzazione, perché, se ben fatto, il colloquio non è uno strumento della gerarchia ma della fraternità – entrambi parliamo e ascoltiamo, doniamo e riceviamo. E non raramente anche un lavoratore può aiutare un responsabile a vedersi con l’occhio dei suoi dipendenti, un dono immenso quando lo si riceve, e lo si sa e vuol ricevere. L’errore più grave che può fare un responsabile durante un colloquio e respingere le critiche, oppure dare risposte sbrigative (“ma non hai capito …”, “ti mancano elementi …”, “ti spiego …”).

L’efficacia di un colloquio non sta tanto nelle risposte che si ottengono, ma nella possibilità di esprimere un disagio, una critica, e trovare nell’altro qualcuno che le sa accogliere, e che sa ascoltare – quanto dovremmo investire nell’arte dell’ascolto vero!

Uno dei compiti più importanti di un responsabile è accogliere le critiche: incassarle, elaborarle, e mai rinviarle al mittente. Il diritto allo sfogo è un diritto del lavoratore. E l’ascolto dello sfogo è un dovere dei manager. Per questo occorrono i luoghi e i momenti, investimenti in tempo e adeguata preparazione, anche etica, in entrambe le parti. Non è certo facile fare un buon colloquio: ma ci si può impegnare, esercitarsi, imparare dagli errori – i frutti sono copiosi.

Infine, ci sono due colloqui particolarmente importanti per un lavoratore: il primo e l’ultimo. Il primo dovrebbe essere quello nel quale al neo-assunto si dona la tradizione dell’impresa, la storia dei suoi fondatori, comprese le passioni umane, e a volte gli ideali, che l’hanno generata. E dove si ascoltano le aspirazioni e le passioni del nuovo lavoratore, e magari lo si presenta a tutta la comunità aziendale in un momento di festa.

Non meno decisivo è l’ultimo colloquio quando si lascia un lavoro in cui si sono trascorsi gli anni migliori della vita. Un “grazie” o uno “scusami” detti in quell’ultimo ‘incontro’ possono dar senso e qualità spirituale ad un momento di passaggio tra i più delicati dell’esistenza. Imitiamo i carismi, maestri di umanità, se vogliamo aumentare la qualità delle relazioni nelle nostre organizzazioni. Ce n’è un urgente bisogno.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-15 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-15 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4899 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7350 [ordering] => 384 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-15 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7541:parliamone-ma-davvero-altrimenti-non-si-cresce-piu [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - L’importanza delle relazioni umane nelle imprese

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 16/06/2013

logo_avvenireQuando un Paese non crea lavoro, soffre anche chi il lavoro ce l’ha. Il benessere lavorativo è in diminuzione, soprattutto nell’Europa del Sud (Ipsos, TNS-sofres). Il 68% dei francesi, ad esempio, dice che tra il 2008 e il 2012 la qualità della loro vita lavorativa è degradata. Una percentuale che arriva al 75% per i lavoratori compresi tra i 35 e i 49 anni. C’è, infatti, una sofferenza tipica dei lavoratori di mezza età, quelli che non sono né all’inizio né alla fine della carriera.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
Parliamone, ma davvero (altrimenti non si cresce più)

Parliamone, ma davvero (altrimenti non si cresce più)

Commenti - L’importanza delle relazioni umane nelle imprese di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 16/06/2013 Quando un Paese non crea lavoro, soffre anche chi il lavoro ce l’ha. Il benessere lavorativo è in diminuzione, soprattutto nell’Europa del Sud (Ipsos, TNS-sofres). Il 68% dei francesi...
stdClass Object
(
    [id] => 7522
    [title] => La forza della betulla
    [alias] => la-forza-della-betulla
    [introtext] => 

Commenti -Impresa, Gerarchia e "Philia"

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 09/06/2013

logo_avvenireNelle imprese sta aumentando la gerarchia. Quando la nave rischia di affondare - si dice - bisogna mettere da parte le pratiche partecipative e ridare il comando al capitano con gli ufficiali pronti ad eseguire i suoi ordini. La gerarchia nelle imprese è un grande tema della democrazia. John S. Mill, più di un secolo e mezzo fa denunciava la persistenza di due realtà feudali al cuore della democrazia moderna. Queste erano la famiglia, dove il rapporto tra il marito e la moglie era del tipo padrone-servo, e l’impresa capitalistica, basata sul principio gerarchico, eredità del mondo antico. Così Mill proponeva il voto e il lavoro alle donne per superare la famiglia feudale, e la diffusione delle cooperative per democratizzare le imprese. Dopo oltre un secolo e mezzo, nella famiglia, soprattutto nelle culture occidentali, l’uguaglianza uomo-donna è sempre più sostanziale (meno nelle imprese e nelle istituzioni), grazie anche alla partecipazione politica ed economica delle donne.

[fulltext] =>

Le imprese capitalistiche, però, restano ancora troppo ancorate al principio gerarchico. E così ci ritroviamo ancora con una delle principali istituzioni della democrazia moderna, l’impresa, basata proprio, e sempre più, su quel principio antico (la gerarchia tra diseguali) che la modernità voleva combattere. È questo uno dei tanti paradossi del mondo contemporaneo, che noi accettiamo senza troppi problemi e discussioni pubbliche, e che il movimento cooperativo aveva cercato di superare portando democrazia nelle imprese (nel consumo e nel risparmio).

 

 

Questo ritorno di gerarchia deve invece preoccuparci, perché le imprese, e tutte le organizzazioni, vivono e crescono bene quando sanno abbinare al principio gerarchico altri principi co-essenziali. Uno di questi è quello che Aristotele chiamava philia, una parola che oggi possiamo tradurre, più o meno, con amicizia o reciprocità non contrattuale. Un’impresa non funziona quando le relazioni si appiattiscono sul solo registro gerarchico, perché le manca l’altra colonna di ogni organizzazione, e cioè il sentirsi parte di un destino comune e di un bene comune da raggiungere assieme. Se in un’impresa non scatta anche questa dimensione orizzontale, che coinvolge tutti i membri dell’impresa, quella istituzione potrà anche fare profitti e pagare salari, ma non sarà mai un luogo dove la gente vive bene e fiorisce in umanità. Anche le relazioni aziendali sono relazioni sociali, nelle quali attiviamo non solo il registro del puro calcolo degli interessi, ma tutte le nostre emozioni, passioni, speranze, amore. Così quando manca la philia tra tutti, nelle imprese mancano l’entusiasmo e la gratuità; e senza entusiasmo e gratuità non si innova né si esce dalle crisi.

Va poi ricordato che la gerarchia, che è uno dei principi più primitivi, nasce per garantire e gestire l’immunità e quindi la separazione tra puro e impuro. Il bisogno di immunità dagli “impuri” è fondamentale per comprendere ogni forma di gerarchia, da quelle arcaiche a quella delle imprese capitalistiche, dove tra i top manager e gli operai dei reparti non c’è alcun vero contatto. Ma se le imprese non compensano l’immunitas della gerarchia con la communitas della reciprocità, diventano alla lunga dei luoghi invivibili, e non di rado disumani.

Le nostre imprese hanno prodotto e producono ancora buona vita insieme a buoni prodotti perché l’imprenditore era, ed è, anche un lavoratore accanto agli altri, spesso artigiano e quindi gomito a gomito con i suoi dipendenti, loro compagno di pane e di strada. È anche vero che in certi momenti e in certe funzioni l’imprenditore, o il manager, è diverso dai suoi operai – nel prendere una decisione strategica, nel fare un rimprovero, nelle responsabilità, nei doveri, nei guadagni, e nelle perdite. Ma molte altre volte è uno o una di loro, con lo stesso destino e compito etico: far vivere e crescere un’impresa, comunità, famiglie, sogni.

È questa la vera solidarietà dell’impresa, che, quando c’è, ne fa un brano di vita autentica e buona: imprenditori, dirigenti, impiegati, lavoratori, tutti diversi e tutti uguali, ordinati dalla gerarchia e dai contratti ma prima legati reciprocamente da philia e da patti, spesso impliciti ma non meno importanti dei comandi e dei contratti. Quando la comunità aziendale non sente, in alcuni fondamentali momenti, il manager o l’imprenditore come uno di loro perché non fa mai l’esperienza dell’uguaglianza con tutti, l’impresa non riesce a tirar fuori da ogni persona il meglio. Né riesce a generare felicità vera, che nasce da rapporti tra uguali, da incontri “occhi negli occhi”, come fu, ed è, quello pieno di stupore e di gioia tra l’uomo (Adam) e la donna (Eva). Ecco perché la mancanza di gioia e di festa è sempre un primo segnale che in un’impresa, e in qualsiasi organizzazione, sta scomparendo la philia per lasciar spazio ai soli rapporti formali e gerarchici.

Le feste aziendali veramente utili, e per questo troppo rare, sono quelle dove anche i “capi” si lasciano prendere in giro, mangiano e bevono con e come tutti. Se manca questa uguaglianza nella festa, anche i brindisi natalizi finiscono per rafforzare le distanze, le gerarchie, le immunità. Quando la nave affonda la sola gerarchia sembra essere più efficace. Ma chi ha vissuto vere crisi sulle vere navi, nelle comunità e nelle imprese, sa invece che se durante i tempi ordinari non si investe in philia e in reciprocità, si è forse più efficienti nella gestione delle piccole crisi, ma si affonda veramente nelle grandi, quando ti serve l’anima e il cuore delle persone, e non li hai. Ti servirebbe la forza dei patti, e ti ritrovi invece con la debolezza dei soli contratti e degli organigrammi di carta. La philia che sembra più debole – perché più prossima e “contaminata” – del nudo comando, è in realtà più forte e resiliente nei momenti nei quali serve quella tipica forza morale collettiva che nasce dalla consapevolezza e dall’esperienza quotidiana della mutua fragilità e vulnerabilità.

Una forza invisibile che conoscevano bene i contadini e le donne nelle società di ieri (ma anche di oggi). Quando alla gerarchia si affianca la philia, la gerarchia non è più la stessa: si trasforma, si umanizza, si fraternizza, sembra perdere forza mentre in realtà l’acquista - purché la philia non sia solo faccenda di retorica e di pacche sulle spalle, ma diventi prassi aziendale, governance, regole del gioco, e anche politiche salariali eque e diverse, come ci insegna ancora oggi Adriano Olivetti. Un dirigente che sa farsi prossimo e solidale con i suoi compagni di viaggio non è meno forte di chi tiene le distanze non contaminandosi. Ma queste capacità e questi talenti non si imparano nelle business school del capitalismo, dove, anzi, vengono biasimate e avvilite, perché considerati “perdenti”. La betulla non è meno forte del pino - chiedetelo al vento di tempesta. In questa stagione di passaggio e di burrasca dell’economia e della vita civile, ci serve un nuovo investimento in relazioni umane e in una cultura organizzativa. Ci serve la forza della betulla.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-08 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-08 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4887 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7128 [ordering] => 386 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-08 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7522:la-forza-della-betulla [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti -Impresa, Gerarchia e "Philia"

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 09/06/2013

logo_avvenireNelle imprese sta aumentando la gerarchia. Quando la nave rischia di affondare - si dice - bisogna mettere da parte le pratiche partecipative e ridare il comando al capitano con gli ufficiali pronti ad eseguire i suoi ordini. La gerarchia nelle imprese è un grande tema della democrazia. John S. Mill, più di un secolo e mezzo fa denunciava la persistenza di due realtà feudali al cuore della democrazia moderna. Queste erano la famiglia, dove il rapporto tra il marito e la moglie era del tipo padrone-servo, e l’impresa capitalistica, basata sul principio gerarchico, eredità del mondo antico. Così Mill proponeva il voto e il lavoro alle donne per superare la famiglia feudale, e la diffusione delle cooperative per democratizzare le imprese. Dopo oltre un secolo e mezzo, nella famiglia, soprattutto nelle culture occidentali, l’uguaglianza uomo-donna è sempre più sostanziale (meno nelle imprese e nelle istituzioni), grazie anche alla partecipazione politica ed economica delle donne.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
La forza della betulla

La forza della betulla

Commenti -Impresa, Gerarchia e "Philia" di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 09/06/2013 Nelle imprese sta aumentando la gerarchia. Quando la nave rischia di affondare - si dice - bisogna mettere da parte le pratiche partecipative e ridare il comando al capitano con gli ufficiali pronti ad e...
stdClass Object
(
    [id] => 7524
    [title] => Un giuramento per i manager
    [alias] => un-giuramento-per-i-manager
    [introtext] => 

La proposta

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 05/06/2013

logo_avvenireDovremmo approfittare di questa crisi economica per introdurre una sorta di giuramento, o patto etico, per le professioni economiche. In Medicina da tempi remoti esiste il cosiddetto «Giuramento di Ippocrate», che viene prestato dai medici ed odontoiatri prima di iniziare la loro professione. Credo che sia giunto il tempo per pensare a introdurre uno strumento analogo per i professionisti economisti. Non solo per i manager di grandi imprese (per i quali se ne parla già da un po’), ma anche per i commercialisti, i consulenti, gli economisti, gli amministratori, i bancari. In un editoriale per il quindicinale “Cittanuova” (n.10) ho proposto di intitolare questo giuramento ad Antonio Genovesi, e per almeno due ragioni. [fulltext] => Innanzitutto Genovesi è stato un economista che ha fondato la sua visione dell’economia e dei mercati sulla dimensione etica, sulla fiducia e sulla pubblica felicità. In secondo luogo, Genovesi è stato il primo cattedratico di economia nella storia, nel 1754 a Napoli. Due ottime ragioni per far di Genovesi l’Ippocrate delle scienze economiche moderne.

Il giuramento è una forma di patto, che quindi utilizza registri e linguaggi antropologici ed etici più potenti di quelli dei soli contratti. Nel moderno giuramento di Ippocrate, il medico si impegna in una «alleanza terapeutica», a difendere la vita, a non compiere mai atti idonei a «promuovere la morte di una persona», di fondare i rapporti di cura sulla «fiducia e sulla reciproca informazione», e molto altro ancora.

Per scrivere un giuramento di Genovesi si potrebbe, e dovrebbe, dar vita ad una commissioni composta da professori di economia, e magari da rappresentanti delle professioni economiche, per redigere insieme un breve testo del giuramento, a partire da alcune intuizioni presenti nel pensiero stesso di Genovesi (tra cui la splendida frase: «È legge dell’universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri», 1763), e completarlo con elementi di etica e deontologia, la cui assenza è tra le radici della crisi che stiamo vivendo.

Esempi di alcuni di questi elementi che un tale testo dovrebbe contenere sono: «1. Non userò mai a mio vantaggio e contro gli altri le maggiori informazioni di cui disporrò nell’esercizio della mia professione. 2. Guarderò al mercato come un insieme di opportunità per crescere insieme, e non a una lotta o una gara dove qualcuno vince a spese degli altri. 3. Non tratterò mai i lavoratori solo come un costo, come un capitale, una risorsa, al pari degli altri costi, capitali e risorse dell’economia. Il lavoratori sono prima di tutto persone, e con questa dignità vanno trattate, rispettate, valorizzate, onorate. 4. Valorizzerò il merito, di cui però non avrò mai una visione univoca e riduzionista» ecc.

Il giuramento potrebbe essere recitato al termine della cerimonia di laurea, in un momento e luogo solenne. Ricordo ancora oggi le parole e i gesti durante la mia seduta di laurea. Sono momenti fondativi del lavoro futuro di una persona. Collocare il giuramento in quella sede, e consegnarlo poi al giovane e alla giovane neo-laureati, avrebbe un peso morale e simbolico non irrilevante. Certo, lo sappiamo e lo vediamo ogni giorno, non bastano i giuramenti per fare un buon medico o, domani, un buon commercialista. Al tempo stesso, se i simboli e le "liturgie" sono curati e pensati (ps: forse si potrebbe e dovrebbe rilanciare e rivalorizzare anche il giuramento dei medici), possono aiutare a creare una mentalità, una cultura soprattutto per i nuovi professionisti ed operatori economici.

Il peso delle dimensioni e scelte economiche nella vita della gente è crescente: ci stiamo accorgendo che si muore per una diagnosi sbagliata o superficiale, ma si muore anche, lo stiamo tragicamente vedendo, per un licenziamento fatto male, per un finanziamento che non arriva quando dovrebbe arrivare, per un consiglio sbagliato di un consulente. L’etica economica è ormai diventata un bene di prima necessità, che quando manca fa anche morire. Prenderne coscienza, a cominciare dalle università da dove escono i futuri professionisti economici, può essere il primo passo per iniziare a cambiare.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-04 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-04 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4777 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 3816 [ordering] => 385 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-04 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7524:un-giuramento-per-i-manager [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

La proposta

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 05/06/2013

logo_avvenireDovremmo approfittare di questa crisi economica per introdurre una sorta di giuramento, o patto etico, per le professioni economiche. In Medicina da tempi remoti esiste il cosiddetto «Giuramento di Ippocrate», che viene prestato dai medici ed odontoiatri prima di iniziare la loro professione. Credo che sia giunto il tempo per pensare a introdurre uno strumento analogo per i professionisti economisti. Non solo per i manager di grandi imprese (per i quali se ne parla già da un po’), ma anche per i commercialisti, i consulenti, gli economisti, gli amministratori, i bancari. In un editoriale per il quindicinale “Cittanuova” (n.10) ho proposto di intitolare questo giuramento ad Antonio Genovesi, e per almeno due ragioni. [jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )

Un giuramento per i manager

Un giuramento per i manager

La proposta di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 05/06/2013 Dovremmo approfittare di questa crisi economica per introdurre una sorta di giuramento, o patto etico, per le professioni economiche. In Medicina da tempi remoti esiste il cosiddetto «Giuramento di Ippocrate», che viene prestato da...
stdClass Object
(
    [id] => 7494
    [title] => Il limite e la potenza
    [alias] => il-limite-e-la-potenza
    [introtext] => 

Commenti -Ascoltare il corpo, ciò che ricorda e insegna

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 02/06/2013

logo_avvenirePer ricreare lavoro e sviluppo dobbiamo trovare un nuovo rapporto con il corpo. Con quello reale però, non con quelli immaginari e immaginati, nostri e degli altri, che esaltiamo, aduliamo, idolatriamo, consumiamo e auto-consumiamo come merci finché giovani e fiorenti, e che poi rifiutiamo, in noi e negli altri, quando si ammalano, appassiscono, invecchiano. Il tema del corpo, in particolare della sua eclissi, è fondamentale per comprendere anche alcune dinamiche decisive nel mondo della grande impresa e della grande finanza.

Le istituzioni, economiche e di ogni tipo, possono diventare disumane quando perdono di vista l’essere umano concreto, quindi corporeo. [fulltext] =>

La cultura contadina e quella della fabbrica sono state culture dure ma umane, anche perché erano basate su incontri, e scontri, tra esseri umani in carne ed ossa.

Quando i lavoratori, i clienti e i fornitori, e magari i colleghi, diventano invece realtàastratte e lontane, e così chi decide su di loro non li incontra e non li vede (se non, magari, in teleconferenza), accade che le persone inesorabilmente diventino soltanto numeri, algoritmi, costi.

Perdono il corpo, e quindi non sono più veramente persone.

Quando dell’altro non vedo il volto, il colore delle guance, il luccichio degli occhi, non sento il suo odore; quando non gli stringo la mano e sento se è sudata o tremula, diventa impossibile fare scelte giuste e buone che riguardano quelle persone. Si tagliano così 'teste', perché non sono teste di persone vere, ma quelle di pupazzi, di icone sul computer, di risorse umane. Ma quando non si vede nell’altro il suo corpo non si vede nulla di veramente umano, perché dire essere umano è dire corpo.

L’umile corpo dice meglio e più di trattati di teologia o di filosofia, la ricca ambivalenza della condizione umana: qualcosa fragile come l’erba del campo, ma fatto «poco meno degli angeli» (salmo 8). Il corpo è quello aurorale del Cantico ma anche quello declinante del Qoèlet: solo insieme capiamo cosa sia veramente il corpo e la relazione umana. Al tramonto, anche quello del corpo, si vedono orizzonti invisibili all’aurora. È la consapevolezza carnale di questa nostra ambivalenza che ci impedisce di sentirci angeli senza corpo e quindi immortali, o solo erba da calpestare. Prendere sul serio il corpo significa dare dignità a tutti i suoi sensi, perché soltanto gli incontri che li attivano tutti e cinque sono incontri veramente e pienamente umani. Compreso il senso del gusto: è ben noto che le comunità umane - dalla famiglia alle comunità religiose alle imprese - entrano in crisi quando non mangiano più assieme. Far mangiare nella stessa tavola Don Abbondio e Agnese, manager e operai, è operazione tra le più difficili e rare.

È il corpo che dice il limite nostro e degli altri, quindi la vera alterità e reciprocità. Chi non ha fatto la (triste) esperienza di scrivere e inviare, in preda a una crisi di permalosità, email o sms che contenevano parole e 'toni' che non avremmo detto, o avremmo detto diversamente e meglio, se avessimo avuto di fronte l’altro in carne ed ossa? Espressioni come 'ti voglio bene' o 'lasciami in pace' dicono realtà molto diverse se scritte pigiando su una tastiera, o pronunciate guardando l’altro negli occhi, o, nel primo caso, prendendogli la mano. Non saremo capaci di un nuovo welfare, tantomeno economicamente sostenibile, e quindi di un nuovo patto sociale per la cura e per la sanità, se non troveremo una nuova amicizia con il corpo in tutte le sue stagioni, con i suoi limiti. Un malato davvero incurabile è chi non accetta l’invecchiamento, il decadimento e la morte, cioè la legge del corpo e il suo tipico linguaggio. Non ci si salva veramente dalle malattie amputando corpi ancora sani, ma accogliendo, facendo entrare dentro la nostra casa, abitando, la realtà del limite, e quindi della sofferenza, della vulnerabilità, della ferita (vulnus), e della morte, che solo così può diventare «sorella nostra morte corporale».

La prima e più profonda conoscenza del mondo passa per il corpo, e non solo per i bambini.

Conosciamo le cose toccandole, imponendo su di loro le mani. Il lavoro è in crisi perché è in crisi il corpo vero, le sue mani e la sua tipica conoscenza feconda. Non ho mai conosciuto un intellettuale generativo di vita, che prima di scrivere parole non le concepisse (concetti) nel travaglio.

La nostra civiltà non sarà mai una civiltà capace di fedeltà finché non si riconcilierà con il corpo in tutte le sue stagioni. Ogni patto, a partire dal matrimonio, è un sì detto anche a un corpo, alle sue benedizioni e alle sue ferite: è sempre una fedeltà incarnata.

Come ogni vera riconciliazione ha bisogno di lunghi abbracci e di pianti comuni: non bastano telefonate, email, skype, lettere di scuse degli avvocati. «E piansero insieme», ci dice il libro della Genesi a commento della riconciliazione tra Giacobbe e suo fratello Esaù, dopo lunghe lotte, ferite e inganni.

Ogni cultura che è stata capace di risorgere ha saputo prima riconciliarsi con il limite e con la morte, perché ogni vera resurrezione porta in sé le stigmate delle ferite.

Dobbiamo riconciliarci con il corpo, se vogliamo riapprendere l’arte delle relazioni incarnate, le sole vere, un’arte che oggi ha pochi allievi anche perché rarissimi sono i maestri. E così assistiamo a un crescente analfabetismo relazionale, che sovente è direttamente proporzionale al ruolo occupato nella gerarchia aziendale e organizzativa. Sono le donne, in modo speciale e unico le madri, le sapienti del corpo, del suo limite e nella sua potenza vitale straordinaria. Come lo sono gli infermieri e le infermiere, che i malati li conoscono perché - e quando - li toccano. «La prima cura è il medico», mi disse un dottore quando venne a casa per curarmi e i sintomi sparirono non appena iniziò a visitarmi. Nei consigli di amministrazione degli ospedali vorrei vedere le infermiere, le suore e i carismi che hanno occhi capaci di vedere la benedizione oltre la ferita del corpo, posti oggi occupati da persone, lautamente remunerate, che in troppi casi i malati veri non li vedono, né tantomeno li toccano. Rimettiamoci allora all’ascolto del corpo, di tutto il corpo e di tutti i corpi: hanno ancora tante cose da raccontarci.

Molte dimenticate, alcune bellissime. Tutte essenziali per la qualità della nostra vita. ​​​

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-06-01 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-06-01 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4605 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6548 [ordering] => 387 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-06-01 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7494:il-limite-e-la-potenza [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti -Ascoltare il corpo, ciò che ricorda e insegna

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 02/06/2013

logo_avvenirePer ricreare lavoro e sviluppo dobbiamo trovare un nuovo rapporto con il corpo. Con quello reale però, non con quelli immaginari e immaginati, nostri e degli altri, che esaltiamo, aduliamo, idolatriamo, consumiamo e auto-consumiamo come merci finché giovani e fiorenti, e che poi rifiutiamo, in noi e negli altri, quando si ammalano, appassiscono, invecchiano. Il tema del corpo, in particolare della sua eclissi, è fondamentale per comprendere anche alcune dinamiche decisive nel mondo della grande impresa e della grande finanza.

Le istituzioni, economiche e di ogni tipo, possono diventare disumane quando perdono di vista l’essere umano concreto, quindi corporeo. [jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )

Il limite e la potenza

Il limite e la potenza

Commenti -Ascoltare il corpo, ciò che ricorda e insegna di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 02/06/2013 Per ricreare lavoro e sviluppo dobbiamo trovare un nuovo rapporto con il corpo. Con quello reale però, non con quelli immaginari e immaginati, nostri e degli altri, che esaltiamo, aduliam...
stdClass Object
(
    [id] => 7442
    [title] => Le radici e il volo
    [alias] => le-radici-e-il-volo
    [introtext] => 

Commenti -Voglia di comunità: attendere e preparare il «ritorno a casa», dopo la crisi

Pubblicato su Avvenire il 26/05/2013

logo_avvenireC’è una nuova voglia di comunità. Una voglia che non di rado assume la forma della nostalgia, del desiderio struggente, di saudade di appartenere a qualcosa di più grande e di più resistente della nostra singolarità. Quando ci si ritrova a cinquant’anni senza lavoro, o quando si arriva a trent’anni e il lavoro non c’è ancora, si riscopre nella propria carne il valore di avere accanto una famiglia, una rete parentale, amicale e comunitaria che attutisce le nostre cadute, e ci impedisce di rovinare a terra o di sprofondare.

[fulltext] =>

La gestione sostenibile e l’elaborazione costruttiva di ogni caduta o sventura sono sempre operazioni familiari e comunitarie, comprese le cadute e sventure economiche, dalle quali ci si rialza solo se non si è soli. Quando arriva la tempesta, la piena o il tornado, le radici, la loro profondità e forza, contano molto. Nei momenti di crisi, di ogni tipo, si vorrebbe tornare, e si torna se e quando si può, alle proprie radici, in particolare dalle prime radici che sono sempre la famiglia, i genitori. Sembra farci bene l’aria, i profumi e gli odori della terra che ci ha generati. Ci si salva se si cerca, si trova, e poi ci si aggrappa a qualcosa di forte che ancora vive dentro. Ho conosciuto persone che sono guarite, o quantomeno sono state curate, da malattie dell’anima semplicemente tornando a vivere nella terra e nella casa dove erano cresciuti.

 

 

Non a caso l’albero è uno dei grandi e ricchissimi simboli della nostra cultura occidentale. Due alberi sono posti al centro del giardino dell’Eden, l’albero 'della vita' e l’albero 'della conoscenza del bene e del male'. Nel medioevo, poi, la scuola francescana ha letto quegli alberi primordiali in rapporto al legno della croce. È la bellissima tradizione teologica (San Bonaventura) e poi artistica (Ubertino da Casale) dell’arbor crucis, dove il Cristo veniva rappresentato crocifisso su di un albero fiorito e rigoglioso. Il nuovo 'albero della vita', che da legno infelicissimo diventa il nuovo albero 'felice'. Alberi, radici, frutti, comunità. Ma questa stessa immagine dell’albero e delle radici ci rivela subito una radicale ambivalenza della comunità. Le radici non bastano per fare una buona vita, individuale e sociale. Le radici sono essenziali quando c’è la tempesta, ma sono fatali durante gli incendi o le siccità, quando dovremmo spostarci e non possiamo. Per la vita buona c’è bisogno della seconda anima dell’Umanesimo dell’Occidente: quella dell’homo viator . È questa l’anima che ritroviamo nella famosa tesi di Ugo di San Vittore, uno dei padri della cultura europea, che sull’inizio del XII secolo così scriveva: «Chi trova dolce la sua patria è ancora immaturo (delicatus); più forte è chi sente ogni terra come la sua patria». E poi aggiunge: «Ma perfetto è soltanto colui che si sente esule in tutto il mondo». Una tradizione incarnata anche nell’Ulisse dantesco, che una volta tornato a casa deve ripartire verso l’Oceano a occidente. «Né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore lo qual dovea Penelopé far lieta» (Inferno, XXVI). Una necessità di andare oltre che complementa e completa i bisogno di radici (Itaca) dell’Ulisse omerico. Itaca e l’oltre, l’albero e il mare, la stabilitas loci dei monaci e il vagare degli ordini mendicanti.

Continui radicamenti e nuovi sradicamenti, espirazione ed inspirazione, voglia di casa e bisogno di uscire per non restarvi imprigionati dalle sue consolazioni. A partire dalla famiglia, che è buona comunità quando dà radici e, poi, aiuta i figli ad uscire di casa e formare altre case e altre comunità. Sono queste le nostre 'radici' europee, profonde, ricche, ramificate, intrecciate nella nostra vita, cultura, letteratura, che ci raccontano storie infelici di individui senza radici, ma anche di radici senza comunità, o con comunità sbagliate e mortifere. Come Cosimo, il barone rampante, che fugge dalle sue radici scegliendo di vivere sugli alberi, che non sono più immagine del radicamento ma della fuga. Quando l’Europa ha opposto queste sue due anime co-essenziali e le ha considerate una nemica dell’altra, ha prodotto solo disumanesimi. Ha generato comunità dove i legami sono diventati lacci, dove il bisogno di radici si è tramutato in xenofobia, razzismi, nazionalismi, guerre fratricide. O ha dato vita a individui dove il bisogno di uscire di casa e di mettersi in cammino è diventato solitudine nichilista di chi non ha né mete né ritorni. Oggi dobbiamo ricordarci e ricordare che le crisi generano sempre voglia di ritorno alle radici, ma dalla storia sappiamo che questi ritorni non sono stati sempre buoni ritorni. Il ritorno a casa dopo la seconda guerra mondiale ha generato la Repubblica e autentici miracoli politici, sociali ed economici. Ma non dobbiamo dimenticare che il ritorno alle radici dopo la grande guerra e la grande crisi ha prodotto fascismi e poi altra guerra fratricida. Non sappiamo ancora come sarà il ritorno a casa dopo questa crisi. Ma sarà senz’altro un cattivo ritorno se vorremo riscoprire radici nazionali che non siano anche europee e mediterranee. E se ci dimenticassimo che l’Europa è parte di un mondo più vasto, di cui siamo pure e prima cittadini. Sarà invece un buon ritorno a casa se la voglia di comunità sarà voglia di comunità concrete nei luoghi ordinari del vivere, e non 'comunità immaginarie', astratte, o soltanto virtuali. Non è credibile una comunità dove chiamiamo 'amici' i quasi sconosciuti 'incontrati' sulla rete, ma non vogliamo incontrare né sfiorare i vicini di casa, i colleghi, gli abitanti del quartiere.

La verità etica di un incontro online è misurata anche da come guardo e saluto Marco e Fatima che abitano nel mio stesso pianerottolo. Le comunità più importanti sono quelle dove ci ritroviamo senza averle scelte, dalle quali possiamo anche decidere di partire o fuggire, ma che ci formano e ci amano proprio perché più grandi delle nostre preferenze e gusti. Le comunità che non ci chiudono ma ci aprono alla vita, non sono dei club, dove entriamo pagando una quota, per trovarci tra simili. Non scegliamo i nostri genitori, né i nostri fratelli, né i compagni di scuola, né quelli della parrocchia o del partito. Alle comunità non si chiede l’amicizia, né si dà, perché si chiede e si dà molto di più: le radici, e la voglia di spiccare il volo.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-25 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-25 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4758 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6369 [ordering] => 388 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-25 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7442:le-radici-e-il-volo [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti -Voglia di comunità: attendere e preparare il «ritorno a casa», dopo la crisi

Pubblicato su Avvenire il 26/05/2013

logo_avvenireC’è una nuova voglia di comunità. Una voglia che non di rado assume la forma della nostalgia, del desiderio struggente, di saudade di appartenere a qualcosa di più grande e di più resistente della nostra singolarità. Quando ci si ritrova a cinquant’anni senza lavoro, o quando si arriva a trent’anni e il lavoro non c’è ancora, si riscopre nella propria carne il valore di avere accanto una famiglia, una rete parentale, amicale e comunitaria che attutisce le nostre cadute, e ci impedisce di rovinare a terra o di sprofondare.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
Le radici e il volo

Le radici e il volo

Commenti -Voglia di comunità: attendere e preparare il «ritorno a casa», dopo la crisi Pubblicato su Avvenire il 26/05/2013 C’è una nuova voglia di comunità. Una voglia che non di rado assume la forma della nostalgia, del desiderio struggente, di saudade di appartenere a qualcosa di più grande e d...
stdClass Object
(
    [id] => 7423
    [title] => Chiediamo ai giovani
    [alias] => chiediamo-ai-giovani
    [introtext] => 

Commenti -Il lavoro e lo Spirito

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 19/05/2013

logo_avvenireNon era solo colpa della finanza. Gli spread e le borse sono migliorati ma la nostra crisi invece di finire sta mostrando la sua vera dura natura: la disoccupazione, e soprattutto l’assenza di lavoro per i giovani. Ci stiamo accorgendo che la finanza speculativa ha soltanto accelerato e aggravato la malattia di un sistema economico italiano e sudeuropeo che era in affanno già da alcuni decenni.

[fulltext] =>

Certo, una finanza meno avida e più capace di capire e sostenere i progetti innovativi, e una classe di economisti e di operatori economici meno miope e più lungimirante avrebbero potuto rendere quest’età di passaggio meno drammatica e dolorosa. Ma il tramonto di interi sistemi economico-­produttivi covava da tempo sotto la cenere della nostra società. E così oggi ci ritroviamo con molti dubbi sul nostro presente e futuro, e con una certezza: dobbiamo reinventarci nuovo lavoro, che in buona parte sarà diverso, e molto, da quello che noi e i nostri genitori hanno conosciuto.

Intrapresa audacissima, perché dovremmo avere la spirito e la forza di agire, contemporaneamente, su più livelli, tutti coessenziali, iniziando, come si dovrebbe sempre fare in ogni buona società, dai bambini e dalle bambine. Vanno aggiornati, e in molti casi riscritti, i loro codici simbolici del lavoro. La generazione oggi adulta ha realizzato un mondo dei mestieri e delle professioni fatto di immagini e di simboli che si stanno progressivamente allontanando dai bambini e dai giovani.

Servono nuove 'lingue' e una nuova capacità di capirsi tra generazioni parlanti ormai idiomi diversi. Noi da piccoli giocavamo con ruspe, trattori, bambole e mini-laboratori, che creavano nella nostra fantasia il lavoro di domani, un lavoro futuro che vedevamo nel presente degli adulti attorno a noi, nelle letture della scuola, nei racconti dei vecchi. Giocando crescevamo, e ci preparavamo al lavoro. Oggi i giochi dei bambini sono mostri a quattro teste, sempre più nei video e nei telefonini, e sempre più lontani dai luoghi e dai simboli del lavoro. E, soprattutto, i bambini passano sempre più tempo giocando da soli, al chiuso e di fronte alla tv. È stata l’organizzazione comune di giochi, di partite ci calcio, di cacce al tesoro, di corse, la palestra dove ieri si imparava a cooperare, a competere, a risolvere i conflitti, a elaborare le sconfitte e i nostri limiti, e poi – un giorno – a lavorare grazie anche a quelle esperienze fondative del nostro carattere.

Serve uno sforzo collettivo enorme per ricreare le immagini e i sogni professionali dei nostri bambini e giovani: come faranno a inventarsi da adulti un lavoro, e soprattutto un mestiere, se non l’hanno visto, né tantomeno sognato da bambini? E a cooperare nelle imprese di domani? Per questo compito difficile servirebbero anche gli artisti, che con la poesia, la pittura, la letteratura, i cartoni, le storie, i giochi, l’architettura, si mettano accanto ai bambini e ai giovani, a scuola e fuori, per ricreare nuove immagini e nuove storie del lavoro e della vita in comune.

Nel frattempo, però, occorre generare subito lavoro con e per tanti giovani che non stanno lavorando oggi, e non lavoreranno domani.

Per questo occorrerebbe una forma di virtù civile di cui si avverte una grande carestia: la consapevolezza etica che i primi a sapere che cosa serve ai giovani sono loro stessi.

«Ask the boy», chiedi al ragazzo. Questa splendida frase di Baden Powell, il fondatore degli Scout, è una delle intuizioni più profonde sul giusto rapporto tra adulti e giovani. Un’idea certamente carismatica, perché troppo vera e universale.

Un’espressione, tra l’altro, che è una delle più efficaci declinazioni del 'principio di sussidiarietà' nell’educazione: non faccia l’adulto ciò che può fare il ragazzo. La ragazza, il ragazzo, i giovani sono loro, prima di tutti e di tutto, che devono pensare e dire come risolvere i loro problemi, compreso quel problema cruciale che è l’assenza di lavoro. Il mondo adulto può e deve far molto, ma solo dopo aver creduto e riconosciuto questa precedenza. La mancanza di lavoro dipende anche da nuove potenzialità e competenze dei giovani che, anche per mancanza dei giusti ascolti e delle giuste domande, non riescono a diventare reddito, lavoro, mestieri. Ma per fare le domande giuste ai nostri giovani occorre essere intelligenti, cioè saper 'leggere dentro' la loro anima e il cuore, oltre la superficie che spesso nasconde una vocazione professionale ignota al giovane stesso. «Sai zufolare?», chiese a Bartolomeo Garelli il giovane Don Bosco, un altro grande maestro di giovani e di lavoro, al termine di un dialogo profondo con quel ragazzo: «'Quanti anni hai?', 'Ne ho 16'. 'Sai leggere e scrivere?', 'Non so niente'. 'Sai cantare?', 'No'. 'Sai zufolare?'». Sì, Bartolomeo sapeva 'zufolare' (fischiare), e quindi poteva fare anche molto altro di buono. Ogni giovane, insegna a tutti il metodo salesiano, ha una via di accesso alla propria eccellenza, E va soltanto messo nelle condizioni di trovarla, con i giusti ascolti, con le giuste domande, e con occhi capaci di vedere l’invisibile sotto le apparenze, e farlo emergere, e-ducando (facendo venire fuori l’eccellenza che è dentro, nascosta).

Baden Powell e Don Bosco (e le tante educatrici e i tanti educatori carismatici della nostra tradizione e del nostro presente) oggi ci direbbero che non ci può essere pubblica felicità né gioia civile finché quattro giovani su dieci disponibili al lavoro non lo trovano e finché tra i sei che lavorano ce ne sono almeno tre che stanno lavorando in modo precario e sempre più spesso nel posto sbagliato che non li fa fiorire pienamente. I figli, i giovani, ce lo ricorda la tradizione biblica, sono anche il paradiso in terra delle famiglie. Ma i nostri giovani stanno rincominciando a emigrare, perché di nuovo poveri di lavoro e di speranza. I nonni, emigranti di ieri, stanno rivedendo i loro nipoti riprendere in mano la valigia. Ieri come oggi in cerca di pane e futuro; ieri come oggi con le lacrime di chi parte e di chi rimane; ieri come oggi fuggendo da una terra non genitrice di lavoro, perché gelida, arida, sordida. Per bagnarla, lavarla, scaldarla non bastano le politiche economiche, ci servirebbe uno Spirito per dare loro forza, vivificarle, renderle efficaci e feconde. Per donare un nuovo entusiasmo, voglia di vita e di futuro ai tanti giovani, e no, che lo stanno perdendo. «Vieni padre dei poveri», vieni padre dei giovani.

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-18 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-18 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4656 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6952 [ordering] => 389 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-18 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7423:chiediamo-ai-giovani [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti -Il lavoro e lo Spirito

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 19/05/2013

logo_avvenireNon era solo colpa della finanza. Gli spread e le borse sono migliorati ma la nostra crisi invece di finire sta mostrando la sua vera dura natura: la disoccupazione, e soprattutto l’assenza di lavoro per i giovani. Ci stiamo accorgendo che la finanza speculativa ha soltanto accelerato e aggravato la malattia di un sistema economico italiano e sudeuropeo che era in affanno già da alcuni decenni.

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
Chiediamo ai giovani

Chiediamo ai giovani

Commenti -Il lavoro e lo Spirito di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 19/05/2013 Non era solo colpa della finanza. Gli spread e le borse sono migliorati ma la nostra crisi invece di finire sta mostrando la sua vera dura natura: la disoccupazione, e soprattutto l’assenza di lavoro per i giov...
stdClass Object
(
    [id] => 7400
    [title] => Narciso e l’accidia
    [alias] => narciso-e-l-accidia
    [introtext] => 

Commenti - Il gran vizio dei tempi di crisi

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 12/05/2013

logo_avvenireC’è un vizio che si sta insinuando an­che nel nostro tempo di crisi, e che rischia di diventare una vera e propria ma­­lattia sociale. È l’accidia, una forma di ma­lattia del carattere, dello spirito e della vo­lontà. Nonostante la sua evidente perva­sività, di accidia oggi si parla troppo po­co, la si considera una parola arcaica e de­sueta, e i pochi che ancora ne compren­dono il significato fanno fatica a consi­derarla un vizio. Per quali ragioni, infatti, dovremmo considerare un vizio lo sco­raggiamento, la tristezza o la noia?

[fulltext] =>

I fon­datori dell’ ethos dell’Occidente, dai greci ai filosofi medioevali, pensavano invece concordi che l’accidia fosse un grande vi­zio, cioè un vizio capitale, perché è all’o­rigine (capostipite) di altre forme deriva­te di disordini o di malattie del vivere, qua­li la pigrizia, l’incostanza, l’incuria (che è la prima etimologia dell’accidia), la man­canza di senso della vita, la rassegnazio­ne e le depressioni, a volte anche quelle cliniche. Per capirlo occorre tornare a quelle civiltà, e ricordare che per quell’u­manesimo l’accidia minacciava non solo il bene del singolo, ma, come ogni vizio, anche il bene comune e la pubblica feli­cità, che sono il frutto dell’azione di per­sone dedite e impegnate.

La vita buona è vita attiva, è compito, dinamismo, impe­gno civile, politico, economico, lavorati­vo. Per questa ragione quando nel corpo sociale si insinua il virus dell’accidia, oc­corre combatterlo, respingerlo, espeller­lo, per non morire. Il vizio, come la virtù, è prima di tutto u­na categoria civile: le virtù sono buone strade per la fioritura umana o felicità, i vizi ci deviano e portano all’appassimen­to della vita. Con i vizi, e senza le virtù, la vita non funziona. Non sono singole a­zioni sbagliate, ma stati morali ed esi­stenziali nei quali si precipita pian piano, e non sempre come scelta intenzionale, compiuta dalla persona nella consape­volezza della strada che stava imboccan­do (anche per questo il vizio non coinci­de con il peccato). Il vizio, poi, è anche un piacere sbagliato e piccolo, che impedi­sce di raggiungere quello buono e gran­de legato all’uso corretto (virtuoso) del corpo e dello spirito, dei singoli e delle co­munità. È l’accontentarsi delle ghiande dei porci e perdere i cibi della tavola di ca­sa.

Questa ricerca di un piacere piccolo e sba­gliato si ritrova anche nell’accidia, seb­bene possa apparirci meno evidente ri­spetto alla gola, all’avarizia o alla lussuria. L’accidia arriva in seguito a traumi, crisi, delusioni, lutti, fallimenti, a ferite. Invece di mettercela tutta per riprendersi e rial­zarsi, ci si crogiola nel proprio male, ci si commisera, ci si lecca le ferite. In questo crogiolamento accidioso si riesce a pro­vare anche una certa consolazione e per­sino una forma di piacere, un dolce nau­fragar che fa sopravvivere – ma non vive­re – dopo la crisi. Oggi la nostra civiltà dei consumi ci offre molte merci che ci ren­dono più piacevole la coltivazione del­l’accidia (pensiamo, ancora, alla tv), am­plificando le sue trappole. Questo piace­re accidioso è però un piacere sbagliato, miope e molto piccolo, perché non è la passività narcisistica dell’accidia la giu­sta elaborazione dei nostri fallimenti, ma, ce lo ricorda la saggezza antica, la vita at­tiva, l’uscir fuori di casa, il mettersi in cam­mino con sollecitudine...

Per questo una malattia attuale, anche questa endemica e sociale, che assomiglia molto all’antica accidia, è il narcisismo. L’accidia è quindi un grande vizio, perché quando prende piede ci porta a stare male e a vivere male, e se non curata porta a delle vere morti spirituali di persone – ce ne sono tante oggi, se sappiamo vederle, nel mondo dell’impresa e del lavoro –, che dopo una grossa crisi rinunciano a vivere e a far vivere chi è loro accanto, proprio perché incapaci di ricominciare a vivere e far vivere.

Che cosa sia l’accidia, o la melancolia, ce lo dice con la forza tipica della grande arte la misteriosa incisione di Dürer, dove la melancolia (sinonimo, in quel tempo, di accidia e tristezza) è rappresentata da un piccolo essere mostruoso che impedisce all’autore di usare i suoi strumenti di lavoro, che giacciono per terra abbandonati. E sullo sfondo un cielo stellato. Lavoro e stelle, due elementi che durante i tempi dominati dall’accidia cadono assieme. Come negli anni quando fu creato questo capolavoro, che sono quelli del Principe di Machiavelli, del tramonto dell’umanesimo civile, di guerre civili in Italia e di lotte di religione in Europa. E quindi dell’accidia che accompagnava quei tempi di crisi, e accompagna i nostri.

Come per tutti i vizi, la cura più efficace è individuare i primi sintomi e bloccare subito il processo veloce e cumulativo. Non chiudere i processi, lasciare i lavori a metà, non rileggere l’ultima bozza di un articolo, provare tedio per il lavoro ben fatto, ripetere spesso a se stesso: 'Ma chi me lo fare?', 'Non ne vale la pena'. Sono, questi, i primi sintomi di accidia incipiente.

L’antica saggezza dell’etica delle virtù e dei vizi ci suggerisce che quando avvertiamo i primi segnali, dobbiamo reagire subito e «senza indugio» – il vizio consiste nell’assenza di questa reazione decisa, non nel sentire i sintomi. 'Mi alzerò e andrò da mio padre': è questa la risposta virtuosa all’accidia a cui basterebbero le ghiande.

Nell’incisione di Dürer insieme agli strumenti del lavoro abbandonati c’è anche il cielo stellato, ma quell’uomo melanconico guarda da un’altra parte. La crisi è devastante quando ci spegne nell’anima i desideri. Il desiderio ha bisogno delle crisi, perché nasce proprio dall’assenza e dalla caduta delle stelle ( de-sidera, cioè mancanza di stelle) e dalla voglia di ritrovarle. Chi cade nell’accidia si accontenta di un cielo abbuiato, non vuol più riveder le stelle. E troppo spesso questo triste accontentarsi dipende dalle solitudini, dalla mancanza della compagnia di qualcuno che sa stare accanto, e che sa portare a riveder le stelle.

Da questa crisi, troppo seria per appaltarla alle sole scelte economiche e finanziarie, usciremo trasformando rassegnazioni, abbattimenti e accidie di molti cittadini e di intere nazioni in nuovi progetti politici e in un nuovo entusiasmo civile, riaggregando solitudini in destini sociali comuni, passioni tristi e sterili in passioni liete e generative, vizi in virtù civili. Ce la faremo?

Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire  

[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-11 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-11 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 6509 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6889 [ordering] => 390 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-11 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 22351 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7400:narciso-e-l-accidia [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>

Commenti - Il gran vizio dei tempi di crisi

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 12/05/2013

logo_avvenireC’è un vizio che si sta insinuando an­che nel nostro tempo di crisi, e che rischia di diventare una vera e propria ma­­lattia sociale. È l’accidia, una forma di ma­lattia del carattere, dello spirito e della vo­lontà. Nonostante la sua evidente perva­sività, di accidia oggi si parla troppo po­co, la si considera una parola arcaica e de­sueta, e i pochi che ancora ne compren­dono il significato fanno fatica a consi­derarla un vizio. Per quali ragioni, infatti, dovremmo considerare un vizio lo sco­raggiamento, la tristezza o la noia?

[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
Narciso e l’accidia

Narciso e l’accidia

Commenti - Il gran vizio dei tempi di crisi di Luigino Bruni pubblicato su Avvenire il 12/05/2013 C’è un vizio che si sta insinuando an­che nel nostro tempo di crisi, e che rischia di diventare una vera e propria ma­­lattia sociale. È l’accidia, una forma di ma­lattia del carattere, dello spirito...