ABCDEconomia "I" come "Investimento"

ABCDEconomia di Luigino Bruni

Investe bene chi spera tanto

pubblicato sul settimanale Vita del 6 marzo 2009

Prosegue il dizionario di Luigino Bruni: una guida a rileggere le parole chiave dell’agire economico, dopo la caduta dei miti e lo sgonfiarsi delle bolle. Le parole già analizzate: Felicità, Profitto, Mercato, Banca, e ora Investimento.

In una delle prime lezioni di economia si spiega agli studenti che la spesa (da cui dipende Pil e sviluppo) è composta da consumi e investimenti. Si spende consumando beni e servizi ma anche, e soprattutto, investendo. Questa prima lezione di economia dovrebbe essere oggi ricordata a chi per sostenere l’economia invita a consumare: si sostiene l’economia anche, e soprattutto, con gli investimenti.
icon ABCDEconomia "I" come Investimento

L’investimento è atto tipico dell’imprenditore, anche se non esclusivo di questi: si pensi all’investimento in capitale umano, in istruzione, da parte dei privati cittadini, o agli investimenti pubblici, elemento co-essenziale di ogni buona economia.
Tutti possono consumare e molti risparmiare, ma per gli investimenti, in una economia di mercato, occorrono principalmente imprenditori.

L’investimento è una spesa che non ha come scopo soddisfare un bisogno (come nel caso del consumo), poiché il suo obiettivo è invece la creazione di ricchezza futura che poi a sua volta soddisfarà altri bisogni futuri, propri e di altri. L’investimento è perciò un propagatore di ricchezza, uno strumento per redistribuire ricchezza, che in una società di sole rendite e solo consumi resta bloccata nelle mani delle stesse persone. Ma qual è il senso e la natura dell’investimento? Quando un imprenditore acquista nuova tecnologia, costruisce un capannone, assume nuovi lavoratori o fa ricerca sta dicendo a se stesso e alla società civile: «Io credo nel futuro, ho speranza».

Un atto d’investimento, infatti, è sostanzialmente un atto di speranza, di fiducia che «l’avvenire sarà migliore del passato » (per usare una bella espressione del teologo Teilhard de Chardin). Chi investerinuncia ad un consumo di risorse disponibili oggi, si indebita con le banche e/o con le famiglie, perché ha speranza, ha buone aspettative che domani questa scelta porterà frutti.

Da che cosa dipende, allora, l’ammontare degli investimenti (e quindi dell’innovazione, della ricerca, dello sviluppo) in una data economia? Certamente dal costo del denaro, ma, come ci ha mostrato soprattutto Keynes negli anni 30, l’investimento dipende soprattutto dalle aspettative degli imprenditori, dalla loro lettura e interpretazione del mondo.

Ecco perché un Paese con imprenditori pessimisti e cinici non investe, anche quando il tasso d’interesse fosse molto basso (come oggi), proprio perché manca la speranza nel futuro.

Oggi l’economia, per uscire rigenerata da questa crisi, ha bisogno soprattutto di imprenditori capaci di immaginare un futuro migliore; ha bisogno della grande virtù della speranza.

La speranza è infatti una virtù perché richiede la forza morale di non soccombere di fronte alle prove e andare avanti. Senza speranza c’è solo consumo, consumismo e depressione. Ma la speranza, virtù anche economica, non nasce e non si rigenera dentro l’economia, nei mercati. Essa nasce e si alimenta nella società civile e nella vita della polis.

Per questo l’economia ha oggi un urgente bisogno di imprenditori che investono perché ritrovano ragioni per sperare ancora, ma queste ragioni sono sempre più grandi della sola economia. La politica serve l’economia non tanto sostenendo i consumi, ma accompagnando gli imprenditori nell’opera di costruzione e di ricostruzione di scenari di speranza, nei quali gli investimenti sono immaginabili e possibili. E così, e solo così, uscire dalla crisi.

La settimana prossima Luigino Bruni analizzerà la parola "Responsabilità"


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