In cerca di felicità pubblica

In cerca di felicità pubblica

Editoriali - Lavoro

di Luigino Bruni

pubblicato su Città Nuova n.1/2014 del 10/01/2014

Operaio al lavoro 1Una  delle  costanti  che  si  ritrovano  nei passaggi  epocali  è  l’invecchiamento  velocissimo di parole che erano state centrali nell’epoca  precedente.  

Sono  state  alcune  parole grandi (democrazia, pace, libertà, diritti) che ci hanno consentito di trasformare le macerie fratricide delle guerre in quel progetto e sogno dell’Europa che oggi fa scendere  i  giovani  ucraini  nelle  piazze,  invocandola  e  cantandola.

Oggi ci servono parole nuove capaci di dar vita a nuovi progetti collettivi, sogni comuni, felicità pubblica, altrimenti non saremo neanche capaci di custodire quelle grandi parole e conquiste delle generazioni passate.

La nostra cultura e i nostri sogni sono sempre più colonizzati da parole piccole (consumo, piacere, centri benessere…), introdotte a scopo di lucro, che ci deludono presto.

C’è una parola però che è ancora capace di trasformare le nostre macerie in nuove città. Questa parola è lavoro, che deve e può diventare l’inizio di un nuovo discorso comune necessario. Sono state le virtù civili e spirituali delle generazioni  del  dopoguerra,  la  loro  capacità  di  resistere alle avversità e alla sofferenza, la loro interiorità irrorata dalla fede semplice e tenace, che hanno trasformato milioni di contadine e contadini semi-servi in lavoratori delle fabbriche e degli uffici.
Il lavoro non si inventa, fiorisce se e quando esistono terreni fertili. Sono questi terreni che si  sono  inariditi,  perché  non  abbiamo  vissuto  la  cultura della custodia. E così sono incapaci di fiorire in lavoro.

Ci siamo collettivamente dimenticati il grande dolore e il grande amore che avevano generato quei lavori che la mia generazione trovava pronti dopo gli studi, e che oggi i nostri giovani non trovano più. Se vogliamo nuovo lavoro, se vogliamo quindi salvarci, dobbiamo metterci a ricoltivare i terreni civili, morali, spirituali, che oggi versano in un grave stato di abbandono.

Chi oggi ama veramente il Bene comune – in primo luogo i carismi – deve dare vita ad una grande e nuova alleanza per il lavoro, a tutti i livelli. Il nuovo lavoro e il nuovo pane rinasceranno se ritroveremo la gioia di stare insieme e dei grandi progetti comuni, se sapremo rincontrarci in cerca di felicità pubblica. Come ieri, come sempre.


Stampa   Email

Articoli Correlati

Il paradosso del “grazie”

Il paradosso del “grazie”

Quale modello di sviluppo?

Quale modello di sviluppo?

L'EdC oggi: sfide e prospettive

L'EdC oggi: sfide e prospettive

Dalla finanza speculativa un aiuto al microcredito

Dalla finanza speculativa un aiuto al microcredito

Le condizioni per un accordo strategico

Le condizioni per un accordo strategico

Profitto o bene comune?

Profitto o bene comune?